Dolore cronico

L’Istituto Superiore di Sanità ha diffuso ieri una notizia che dovrebbe scuotere le coscienze.

Il dolore cronico affligge dieci milioni di persone (circa 4 milioni di uomini e quasi 6 milioni e mezzo di donne) ed è presente nell’8% della popolazione di 18-44 anni, con un aumento al 21,3% tra i 45-54enni, al 35% tra i cosiddetti “giovani anziani” (65-74enni), fino a raggiungere il 50% negli ultra-ottantacinquenni.

Per il dolore cronico, si confermano le diseguaglianze di genere: il divario nelle stime di prevalenza tra maschi e femmine inizia infatti già all’età di 35 anni, e va man mano ampliandosi a sfavore delle persone di sesso femminile, con percentuali superiori di oltre 15 punti tra gli anziani (65 anni e più).

Nel complesso, il 60% delle persone adulte con dolore cronico in Italia è di sesso femminile.

La distribuzione di questa condizione è variabile sul territorio italiano, con uno svantaggio più evidente nel Mezzogiorno per gli individui di 65 anni e oltre

Le cause che possono essere all’origine, o sono comunque sottostanti all’instaurarsi della cronicità del dolore, includono: una malattia primaria, già diagnosticata, abitualmente correlata ad uno stato di dolore (52%), un trauma (21%), un intervento chirurgico (7%), un tumore (3%).

Esiste una quota, non irrilevante, di persone con dolore cronico che non ha ancora una chiara diagnosi di malattia, il 13%, e che riporta intensità elevate o molto elevate di dolore nel 23% dei casi. 

Sul versante della salute mentale, ben il 13 % di coloro che soffrono di dolore cronico presenta sintomi depressivi da moderati a gravi rispetto a meno del 2% nella popolazione non affetta.

Esiste una condizione di co-morbilità tra dolore cronico e depressione a sfavore delle persone di sesso femminile e delle persone con un più basso livello di istruzione“.

Insomma il dolore cronico è molto diffuso, affligge maggiormente chi è già più debole e, quel che è peggio, in una fascia non piccola di persone colpite resta non solo non adeguatamente curato, ma addirittura non inquadrato in una corretta diagnosi.

Inoltre finisce per arrecare un ulteriore peggioramento della qualità della vita, con il sopraggiungere della depressione.

Questo significa che i più deboli, col passar del tempo, non solo stanno sempre peggio, ma vengono messi in condizione di scivolare sempre più in basso, senza trovare soccorso.

QUESTA SITUAZIONE È INACCETTABILE.

Vogliamo dirlo con forza e chiarezza, non è accettabile, in un paese in cui si ripete da decenni che nessuno deve essere lasciato indietro, che il dolore cronico affligga milioni di persone, soprattutto tra i più deboli, e che un parte non piccola debba sentirsi dire “stai bene, non hai nulla, sei solo un po’ depresso, tirati su”, quando in realtà è il dolore stesso e l’incomprensione a farli cadere in depressione.

Un reddito di base non basterebbe da solo a sanare questa situazione. Serve al contempo un Sistema Sanitario Nazionale robusto ed efficiente, così come originariamente concepito.

Lo abbiamo scritto anche nel nostro Manifesto, lo ribadiamo qui: serve il reddito di base e serve rafforzare la sanità pubblica.

Ora, non tra qualche decennio…

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