Reddito di base incondizionato e lavoro

Qualcuno può anche pensare che il RBI possa servire a non lavorare più, ma di sicuro non è il caso nostro.
Chi conosce davvero a fondo gli esseri umani sa bene che, al netto di una minoranza relativamente esigua di individui demotivati e di una folta quantità di pregiudizi infondati, ciascuno ha un bisogno irresistibile di lavorare, per vari motivi che vanno dalla incapacità di stare nell’ozio puro, alla necessità di sentirsi utili, apprezzati, indipendenti, di esprimere un talento, un’abilità, un’attitudine, oppure un’arte.
Chi conosce la realtà carceraria, tanto per fare un esempio molto concreto, sa benissimo che per i detenuti poter lavorare è un’esigenza, non solo per riscattarsi, per dare attuazione al dettato costituzionale di una pena rieducativa, per non ritrovarsi al termine del periodo di reclusione al punto di partenza o addirittura peggiori di quando si è entrati, ma anche e soprattutto per non impazzire.
La condizione di pura nullafacenza non è né normale né umana.
La realtà è molto più complessa: nessuno desidera star senza fare nulla, al contrario tutti desideriamo fare qualcosa che abbia un senso e sia utile.
Ci sono tanti lavoratori pienamente soddisfatti perché fanno il lavoro che hanno scelto e che sentono proprio. Ci sono numerosi casi di persone che col proprio lavoro si identificano profondamente, soprattutto alcuni autonomi, professionisti, imprenditori (quante volte ci è capitato di sentire di piccoli o grandi imprenditori che si sono tolti la vita a seguito del fallimento della propria attività…), ma anche tanti dipendenti legatissimi alla professione, che in pensione, se potessero, non ci andrebbero mai.
Ci sono molte persone che, pur senza grande attaccamento, hanno un rapporto soddisfacente col proprio lavoro e magari sarebbero ancora più contenti di farlo potendo avere qualche giorno libero in più.
Ci sono tantissimi ancora che non amano il proprio lavoro, ma si sacrificano anche duramente perché lo trovano giusto e doveroso, perché il lavoro per molti equivale a dignità.
Tanti altri ancora se potessero darebbero volentieri un calcio al proprio lavoro solo perché non è quello che vorrebbero fare. Tanti stanno dando davvero un calcio a un lavoro e una vita che non sono più a misura d’uomo, per dedicarsi ad altre attività meno sicure, redditizie o prestigiose, ma assai meno stressanti e logoranti. Tanti altri hanno rinunciato a un lavoro in un ambiente tossico, anche a fronte di un margine di incertezza, pur di uscire da situazioni patogene, insostenibili.
Tanti, sempre più numerosi, si dibattono in una vita miserabile, fatta di sfruttamento, precarietà, disperazione, deprivazione di diritti essenziali.
Tanti altri ancora nascono poveri, si dibattono in un’esistenza ancora più miserabile, perché aggravata da una deprivazione a monte, che sottrae loro consapevolezza e li condanna a uno stato subumano di generazione in generazione.
È ORA DI DIRE BASTA A QUESTO STATO DI COSE.
Il Reddito di base incondizionato rimetterebbe tutti in condizione di aspirare alla prima condizione, quella giusta, quella prevista dalla Costituzione Italiana che recita: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
È ora di applicarla la Costituzione. Non esiste uno strumento altrettanto efficace e concreto del RBI per farlo.

Il Reddito di base incondizionato è il miglior amico del buon lavoro.

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