Governo del coraggio e della responsabilità

Di Claudio Corrà e Mariella Vitale

Raramente ci è accaduto di sentire un’importante autocritica da parte di ministri o premier riguardo il loro operato individuale o collegiale, a fronte di una situazione disastrosa di povertà dilagante, tracollo demografico e migrazione giovanile di massa. Questo dice molto.

Prendiamo in esame il tema cogente e più che mai annoso dell’evasione fiscale: 100 miliardi su base annua da molti anni e siamo ancora indietro rispetto alle misure che andrebbero massivamente adottate. Se ne continua a parlare nelle varie trasmissioni giornalistiche e chi in questa fase ne parla spesso è il segretario della CGIL Maurizio Landini. Dalla politica poco o nulla.

Eppure, dall’economia sommersa si potrebbero e dovrebbero recuperare molte risorse, per ridurre il debito pubblico, per potenziare e migliorare i servizi al cittadino e dare lavoro.

Servirebbe un sussulto prepotente di concretezza in luogo di chiacchiere e condoni. Assunzioni massicce all’Agenzia delle Entrate, alla Gdf, un sistema più efficiente di controlli, pene più severe e certe per gli evasori, soprattutto se recidivi.

L’unificazione fiscale a livello globale non è a portata di mano, ma quella europea sì ed è in agenda. Speriamo possa essere raggiunta in tempi ragionevoli e con criteri ispirati a una reale progressività.

Altro tema anch’esso cogente è il salario minimo. Se ne parla finalmente in questa fase, ma è riduttivo. Sarebbe più giusto e opportuno parlare di remunerazione minima, non solo per i dipendenti, ma anche per le partite IVA. Lo facciamo noi nel nostro Manifesto.

È stato rinfacciato allo stesso sindacato di aver firmato contratti nazionali a pochi euro l’ora per lustri e addirittura di recente, proprio ora che molti nell’ area progressista ne fanno una bandiera, compreso il sindacato. Ma diciamocela tutta: è inevitabile che le paghe siano sempre più povere in un paese in cui è mancato per decenni un sussidio per la disoccupazione lunga. Questo ha fatto molto comodo anche allo Stato che, con una inflazione bassissima, ha potuto pagare in maniera sempre più misera i dipendenti della Pubblica amministrazione, risparmiando risorse che sono state assorbite in toto dagli interessi sul debito pubblico.

Se la politica deve, e lo dovrebbe, occuparsi del bene comune, serve coraggio, quello di un cambio deciso di paradigma, quello di andare contro lobby ed élite, interessi clientelari e precostituiti, quello di spiegare ai cittadini perché non è più possibile continuare per la vecchia strada, ma ne occorre una diversa. Serve assumersi la responsabilità davanti ai cittadini, serve il coraggio delle scelte difficili e importanti.

Quello a cui assistiamo oggi somiglia a una rappresentazione di tante buone intenzioni di facciata colme di demagogia e populismo ma con la consapevolezza di non saperle o poterle tradurre in fatti concreti e tangibili. Il consenso lo si cerca coi comizi manichei e con i talk show ricchi di scontri all’arma bianca, dove la “singolar tenzone” non produce alcun valore aggiunto.

L’unica forza politica che ha avuto il coraggio, nel realizzare buona parte dei propri programmi, di imprimere una certa discontinuità in positivo, ovvero il Movimento 5 Stelle, è stato ostacolato e spinto fuori in vari modi e con diverse motivazioni. Ma alla fine se esso ha visto dimezzati i propri consensi è perché ha comunque deluso le attese di un rinnovamento profondo, di una lotta alla povertà che non si limitasse agli slogan urlati da un balcone, di una condotta coerente e costante in luogo di scissioni, voltafaccia e abbandoni, da parte di portavoce che, evidentemente, non erano stati selezionati con la giusta attenzione.

Ecco allora che, fallita la promessa di rinnovamento profondo del movimento nato dal basso, si ventilano ristrutturazioni pesanti a livello costituzionale come il premierato forte, quando in giro per il mondo non esistono modelli simili che abbiano funzionato, si profila un’autonomia differenziata che porterebbe alla dissoluzione dell’unità nazionale e si trascina ancora, dopo decenni di riforme vergognosamente partitocratiche, una riforma efficiente della legge elettorale.

Si cerca di curare il malato sempre più grave con palliativi poco efficaci o, peggio, con interventi opposti a quelli che sarebbero necessari e che si fanno sempre più urgenti. Non c’è da sorprenderci quindi della crescente disaffezione. E non meravigliamoci neanche se il Censis vede la nostra gente come spenta e incapace di reagire.

Lo ripetiamo: non serve a niente andare avanti tra polemiche assurde che non appassionano più. Serve il coraggio delle scelte difficili e impegnative.

Ribadiamo qui le nostre proposte:

RETRIBUZIONE MINIMA

UNIONE FISCALE EUROPEA A CARATTERE PROGRESSIVO, CON PRELIEVO MAGGIORATO SU RENDITE, CONSUMI E ATTIVITÀ SVANTAGGIOSE PER LA COLLETTIVITÀ

ORARI E PERIODI DI LAVORO DRASTICAMENTE RIDOTTI

REDDITO DI BASE INCONDIZIONATO

L’introduzione di un reddito di base incondizionato permetterebbe a ciascuno di affrontare le incertezze e le difficoltà, di crescere individualmente, di divenire un cittadino più maturo e consapevole e quindi un elettore dal valore aggiunto.

Noi di RED lo stiamo propugnando con tutte le nostre energie, abbiamo appena iniziato e ci fermeremo solo quando il reddito di base incondizionato arriverà sui nostri conti correnti, a partire da chi sta peggio di noi.

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