Giovani senza un futuro?

Il welfare dei prossimi anni non dovrà solamente riporre attenzione alla cura delle persone anziane che, secondo il trend, saranno destinate ad aumentare, ma anche nei confronti dei giovani, destinati a diminuire.
Per preparare i giovani alle enormi sfide ricche di continue incognite che li attenderanno nel futuro serve una scuola più evoluta che preveda un obbligo di frequentazione fino alla maggiore età, una didattica ricca di materie scientifiche ma anche umanistiche armonizzate fra loro, di educazione civica che li prepari e formi per la convivenza sociale, li fornisca di almeno due lingue internazionali, di informatica aggiornata etc.
Per poter frequentare con profitto tali scuole serve intelligenza, talento, motivazione, passione ma anche empatia e per alimentare tutto ciò a sua volta serve una didattica che stimoli queste skills. Tuttavia, per non lasciare indietro nessuno, bisogna aggiungere anche un’altra componente fondamentale: la serenità.
Purtroppo ci sarà sempre qualcuno che farà più fatica per svariati motivi ed ogni tentativo di promuoverlo potrebbe fallire. Quindi? Diventerebbe il classico NEET senza speranza?
Ed a fronte del progressivo ed inarrestabile processo di automazione delle aziende mediante robotica ed intelligenza artificiale quanti di questi giovani anche ipercompetenti potranno lavorare? E quanti di loro a tempo pieno e con continuità? Queste alcune delle domande che possono aprire scenari drammatici.
Chi pagherà i loro contributi? A quale età andranno in pensione, se ci andranno? Potranno formare famiglia ed intessere appaganti relazioni sociali in una società liquida che prevede repentini cambiamenti ed adattamenti? Altri interrogativi inquietanti. Lo scenario futuro potrebbe avere tali caratteristiche e non vi saranno molte scelte.
Maggiore ricchezza concentrata sempre più in poche mani, maggiore e più diffusa povertà, un arretramento sociale e storico di secoli, a dir poco, che è in netta contraddizione con quello tecnologico, sconvolgimenti climatici, danni irreversibili da inquinamento, sono i frutti di un capitalismo selvaggio nato quasi due secoli or sono che ha contribuito in modo determinante a molti progressi ma che allo stesso tempo ha determinato un inaridimento di principi, valori, serena convivenza, rispetto per il prossimo e per la natura. Un egocentrismo smodato, assurdo cieco e sordo che si alimenta di avidità, ma non si accorge del prossimo.
Ecco allora che nasce l’opportunità di progettare un nuovo welfare basato sul sostegno economico di base per tutti. La miglior forma di solidarietà ed inclusione per un modello di società più sostenibile per il futuro. Lo hanno detto in molti: papa Francesco, le istituzioni europee, ONU, magnati super ricchi. Chissà perché si fa ancora molta fatica a recepirlo. Il lavoro del futuro sarà sempre meno inclusivo e la libertà di ognuno di noi di difendere la propria dignità e le proprie naturali inclinazioni necessariamente dovrà essere più tutelata.
Quale può essere la risposta a tanti e tali interrogativi inquietanti?
Noi pensiamo che il Reddito di base incondizionato possa essere la risposta più efficace alla necessità dei giovani e giovanissimi di affrontare il loro percorso formativo con serenità, fornendo loro la consapevolezza che non resteranno privi di protezione nei momenti di incertezza, non si troveranno alla mercé di una società spesso ingenerosa e gravida di preconcetti negativi nei loro riguardi.
Nel Manifesto per un nuovo umanesimo e un sistema socio-economico basato sul Reddito di base incondizionato abbiamo proposto, tra l’altro, di assegnare un accredito di €500 mensili a tutti i ragazzi dai 12 ai 24 anni provenienti da famiglie svantaggiate, per sostenerli innanzitutto nel percorso formativo, consentendo loro di studiare sereni e di non farsi condizionare nelle scelte.

Tuttavia giova ricordare che ampie parti delle generazioni future sono minacciate dalla precarietà e dalla insostenibilità del sistema pensionistico contributivo, dalla estrema variabilità dell’offerta lavorativa, sempre più caratterizzata dall’ausilio da un lato e dalla concorrenza dall’altro dei dispositivi robotici e di intelligenza artificiale sempre più raffinati.
Quanto impiegherà la società italiana ed europea, sempre più anziana e con la mentalità ferma a un mondo ormai tramontato, a comprendere la ineluttabilità di questi cambiamenti e l’urgenza di un cambio radicale di approccio?

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