Italian money gold coin euro with the image of Vitruvian Man by Leonardo da Vinci
“Non v’è nulla di più difficile da realizzare, né di più incerto esito, che iniziare un nuovo ordine di cose. Perché il riformatore ha nemici tra tutti quelli che traggono profitto dal vecchio ordine, e solo tiepidi difensori in tutti quelli che dovrebbero trarre profitto dal nuovo”. Niccolò Machiavelli
Noi sostenitori del Reddito di Base, riuniti nell’associazione RED Reddito Europa Diritti Aps, rinnoviamo la nostra richiesta di riforme radicali di contrasto alle diseguaglianze, ponendo al centro l’istituzione di Redditi di base in Italia e in tutta l’Unione Europea. Torniamo a farlo in un contesto internazionale in progressivo deterioramento, che diviene ogni giorno più impietoso e pericoloso.
Scenario internazionale, sfide attuali e necessità di integrazione Europa
Prendiamo dolorosamente atto che i tempi che viviamo sono tempi di guerra, che la legalità internazionale e l’Organizzazione delle Nazioni Unite hanno tragicamente perso forza. L’ordine mondiale è nelle mani dell’arbitrio del più forte o di chi si presume tale.
In questo scenario le democrazie occidentali si trovano impegnate in un confronto molto duro non solo con regimi illiberali, ma soprattutto con modelli autocratici anche al proprio interno, senza avere sempre tutta la ragione dalla propria parte e con molte meno certezze rispetto a qualche tempo fa. Pensare di affrontare questo confronto senza una lotta seria contro le diseguaglianze, che seminano malcontento nelle popolazioni, è pura follia. Il dilagante consenso verso proposte sovraniste e forme di governo che tendono ad allontanarsi dal modello di democrazia liberale è chiaramente spinto dal diffuso malcontento, dovuto al senso di abbandono e alla conseguente insofferenza e rancore sociale di fasce sempre più ampie di popolazione cadute in povertà e all’impoverimento progressivo e inesorabilmente dei ceti medi, che spingono alla sfiducia verso le forme di stato complesse, con poteri distribuiti tra varie autorità che si controllano a vicenda nell’interesse di tutti, sotto il giudizio della libera stampa. L’inefficienza della democrazia, nel dare a ciascuno lavoro, reddito e servizi, induce la fascinazione del potere assoluto.
Lo diciamo con franchezza: l’attuale andazzo, l’indifferenza verso l’indebolimento di settori sempre più larghi della società, l’incertezza e la debolezza di una Unione Europea vile e ignava, sempre più incline al disumano respingimento dei migranti, a costo di lasciarli annegare o torturare, a lungo silente davanti a fatti di gravità inaudita come il genocidio del popolo palestinese, ridotto alla fame nella Striscia di Gaza, prona e cedevole davanti all’arroganza sprezzante del presidente americano Trump, ci disgustano e ci indignano profondamente, ma non ci fanno desistere, al contrario, ci fanno ritenere che solo con un’architettura istituzionale realmente democratica, solo con l’ulteriore cessione di sovranità e il compimento del processo di integrazione europea sia possibile dare risposta alle sfide attuali che, in mancanza di unione fiscale, politica estera e difesa comuni, ci vedono soccombenti, sia moralmente che materialmente, e condannati all’irrilevanza.
Guardiamo con favore e sintonia al lavoro portato avanti dall’associazione Nuova Camaldoli, in armonia con il Movimento Europeo, per una Camaldoli Europea, con l’apporto di accademici ed esperti, ed esprimiamo grande apprezzamento per gli orientamenti che abbiamo appreso dal documento di sintesi, consultabile sul sito dell’organizzazione insieme al documento in forma estesa presentato pochi giorni fa.
Condividiamo la necessità da più parti espressa di un rilancio dei valori solidaristici del Manifesto di Ventotene, abbiamo partecipato a manifestazioni europeiste e auspichiamo un dialogo costante con tutte le aggregazioni e le persone che si riconoscono in questo ideale.
L’Italia, che ha visto, dalla sua unificazione, nel 1861, il convivere di diverse realtà e identità territoriali un tempo in competizione, senza perdere ciascuna la propria specificità, può rappresentare il paradigma di questa progressiva integrazione, per un continente in cui per secoli le diverse identità e compagini nazionali si sono confrontate nella rivalità, ma in un determinato momento storico, al termine della Seconda Guerra Mondiale, hanno avuto bisogno di riscoprire sempre più fortemente la fraternità e l’appartenenza a una civiltà in cui l’essere umano deve essere messo al centro, non solo e non tanto nell’individualismo, quanto nel saper stare insieme in armonia nella comunità. Ora è tempo di ridare slancio a questo percorso.
Amare l’Italia e volere la pace oggi vuol dire costruire l’Europa unita, davvero unita. E senza segnali tangibili di vitalità e affidabilità, capacità di governo, risposte ai problemi dei cittadini, delle famiglie, delle comunità locali, l’obiettivo dell’integrazione non avrà il sostegno popolare necessario. Senza un Reddito di base, finanziato soprattutto tassando la grande ricchezza, l’Europa è destinata a restare un coacervo di piccoli egoismi esposti allo strapotere delle grandi potenze.
Indietro non si torna e non si resta in mezzo al guado. L’integrazione Europea non può più restare interrotta, deve essere compiuta con un processo democratico, che coinvolga e restituisca fiducia ai popoli europei, rendendoli nuovamente protagonisti del proprio destino.
Diverse sfide epocali da affrontare insieme
Le diseguaglianze, sempre più acute e insostenibili, alimentano il rancore e la sfiducia verso le istituzioni, soprattutto se sovranazionali; favoriscono il diffondersi di orientamenti nazionalisti e sovranisti; accrescono l’inerzia, assuefazione e l’apatia verso le tragedie a cui assistiamo impotenti; impediscono all’Unione Europea, ostaggio di lobby industriali potenti, di avere un ruolo credibile nella difesa della pace, della democrazia e dei diritti umani; rappresentano un freno alla transizione ecologica.
Dunque, il contrasto alle diseguaglianze, la difesa della democrazia e dei diritti umani, sociali e civili, la spinta all’integrazione europea (capitali, fisco, politica estera e difesa comuni da attuare al più presto), la transizione ecologica, il ripudio della cultura della violenza, la costruzione di una pace vera e stabile per tutti i popoli del mondo sono diverse facce di un’unica sfida da affrontare tutti insieme con determinazione. Queste diverse e distinte tematiche sono, in realtà, intimamente legate tra loro e non possono che essere portate avanti tutte insieme, tutti insieme.
E il contrasto alle diseguaglianze è la chiave di tutto.
Il Reddito di base è un tassello fondamentale di un pacchetto di svolte epocali ormai indispensabili, inderogabili, improcrastinabili per l’Europa, ma non solo per l’Ue.
Le classi dirigenti italiane ed europee, in particolare, sembrano non comprendere l’urgenza di una radicale discontinuità rispetto alla necessità impellente di alcune direttrici fondamentali: la tassazione ragionevole della grande ricchezza; la distribuzione equilibrata di liquidità monetaria, beni e opportunità di sviluppo per persone e territori; la transizione ecologica da attuare nei tempi più rapidi; il robusto potenziamento dell’istruzione e formazione, sia umanistica, sia scientifica e tecnologica, sia civica, sia relazionale; la rinuncia a pezzi importanti di sovranità nazionale per completare l’unificazione europea in materia di economia, politica estera e difesa comune.
Rimettere al centro gli esseri umani e il creato al posto dell’interesse bieco del più forte, è la via maestra per la pace e la vera felicità per ciascuno. E ciò va attuato a partire dai territori, soprattutto i più deboli.
Reddito di base e tutela delle aree interne
Il Reddito di base potrebbe favorire, contestualmente al potenziamento dei servizi al territorio in luogo del loro progressivo smantellamento, al ripopolamento delle aree interne, al presidio e alla cura delle aree naturali, indispensabile anche per prevenire incendi e dissesto idrogeologico, ma anche alla salvaguardia e valorizzazione delle culture e identità locali, ricche di storia e di significati da riscoprire. Se l’Europa saprà avere cura dei territori, la gente non avrà più timore della perdita di identità. Soprattutto lì dove lo stato nazionale sembra aver voglia di gettare la spugna.
Il Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne, che aggiorna la Strategia Nazionale per questi territori, pubblicato recentemente, ha destato un diffuso allarme soprattutto riguardo all’Obiettivo 4 che s’intitola: “Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile”, sulla stampa, presso i territori, le associazioni, autorevoli istituti di ricerca come la Svimez. Ultima in ordine di tempo, ma non di importanza, la lettera dei vescovi italiani che denuncia come “documenti e decreti governativi e regionali siano finiti in un ingorgo di dispositivi legislativi per lo più inapplicati, non di rado utili soltanto a consolidare la distribuzione di finanziamenti secondo logiche politico-elettorali, mettendo spesso le piccole realtà in contrasto tra loro e finendo per considerare come progetti strutturali piccoli interventi stagionali” e propone che “s’incoraggi il controesodo con incentivi economici e riduzione delle imposte”, si ricerchino soluzioni innovative in materia di smart working e coworking, innovazione agricola, turismo sostenibile, “valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, piani specifici di trasporto, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità, telemedicina” (Aree interne: Lettera aperta al Governo e al Parlamento – Chiesacattolica.it).
L’importanza della valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, potenziamento del trasporto pubblico, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità, telemedicina, ci sembrano, in particolare, proposte di impatto significativo. Non meno significativa ci sembra l’autoconsapevolezza di un’organizzazione tanto capillare e ben attrezzata, come la Chiesa cattolica, di poter fare la differenza in questo ambito importante, delicato e strategico, dando per prima il proprio contributo sul territorio stesso.In questo contesto, il ruolo decisivo che un Reddito di base potrebbe avere dovrebbe essere intuitivo e chiaro a tutti, così come appare evidente che molte storture siano originate, come si sa, non tanto dalla mancanza di risorse, ma dall’uso scorretto che troppo spesso se ne fa.
Il Reddito di base difende e genera il lavoro utile
L’uso corretto delle risorse è la chiave per un cambiamento radicale che porti anche a correggere in maniera drastica l’attuale mercato del lavoro.
Si parta dal fatto che le classi dirigenti dagli anni ’80 considerano la disoccupazione uno strumento per tenere sotto controllo l’inflazione. Dunque se rifiutare l’idea di sussidiare la disoccupazione lunga è profondamente sbagliato e insopportabile, ancor più sbagliato e ipocrita, da parte della politica, è rifiutare di introdurre Redditi di base che consentirebbero di gestire il mismatch tra domanda e offerta di lavoro senza portarci dietro quasi 6 milioni di poveri assoluti in Italia.
Il lavoro è un diritto-dovere sancito dalla Costituzione ma tradito dalla politica, che ha rinunciato da tempo alla piena occupazione. Lo ribadiamo: l’inclinazione naturale a rendersi utili esprimendo un talento, un’attitudine, la propria operosità, è un diritto inalienabile che l’attuale mercato del lavoro mortifica ogni giorno nelle vite concrete di milioni di persone. Non si tratta solo di considerare gli indici statistici di soddisfazione sul lavoro, che relegano l’Italia all’ultimo posto in Europa. Si tratta anche e soprattutto di un discorso più generale, che tiene conto dei lavoratori logorati dal cattivo impiego e dei disoccupati resi infelici dalla mancanza di un’attività adatta a loro. Non si può e non si deve pretendere che il disoccupato si acconci a svolgere qualunque mansione. Né si può continuare a ignorare l’assurdità dei cosiddetti “lavori del cavolo” denunciati da David Graeber nel volume Bullshit jobs: ben remunerati, ma del tutto inutili, quindi tali da mortificare profondamente chi li fa o deve fingere di svolgerli. Tutto questo deve finire.
La dignità di ogni essere umano viene dalla capacità di vivere in armonia con gli altri e con la natura, dal rispetto del prossimo e delle regole della convivenza in società e dalla capacità di mettere a frutto i talenti di cui è dotato, rendendosi utile agli altri ogni giorno, a prescindere dalla remunerazione offerta da un mercato del lavoro disfunzionale, distopico e iniquo, come quello attuale.
A fronte dei molti lavori che dovrebbero sparire, anche in vista di una transizione ecologica spedita, la domanda non è se ci saranno nuovi lavori, ma piuttosto se ci saranno soldi, nelle mani di famiglie, piccole imprese, terzo settore e pubbliche amministrazioni per remunerarli. Perché già la tendenza attuale è a tagliare i lavori utili, addirittura fondamentali in comparti come sanità, istruzione, cultura, ecc.
Si rende, a questo punto, necessaria e improcrastinabile la separazione dell’economia del territorio dalla finanza globale, avvitata inesorabilmente intorno a logiche inconciliabili con gli interessi collettivi, talvolta antitetici al puro buon senso, che sfuggono al controllo del decisore politico, soprattutto se questo rinuncia passivamente a tassarne i profitti.
La scarsità di denaro ai piani inferiori della piramide sociale è la maggiore minaccia alla stabilità sociale, anche perché impedisce di remunerare i lavori che effettivamente servirebbero e vengono tagliati o sottopagati. La situazione di disagio di larghi strati della popolazione italiana era allarmante già anni fa e ora non fa che peggiorare ulteriormente e degenerare. Esempio ne sia la situazione catastrofica di tante finte partite Iva, a partire dai lavoratori della cultura.
Anche i giornalisti più giovani vivono una situazione difficilissima. Richiamiamo anche quest’anno l’attenzione sui rischi per la libertà di informazione (fondamentale pilastro della democrazia), a seguito del diffondersi nelle redazioni dell’uso di sempre più sofisticati dispositivi di Intelligenza Artificiale. Un Reddito di base consentirebbe ai giornalisti di autodeterminarsi come professionisti in piena libertà, scienza e coscienza, svincolandoli dalla precarietà e dagli interessi degli editori.
Analoga considerazione si può estendere (mutatis mutandis) a molti ordini professionali e categorie lavorative.
Inoltre il Reddito di base favorirebbe sia la transizione tecnologica sia quella ecologica, rendendole bene accette, perché non più minacciose per la sopravvivenza e la serenità di chi rischia di perdere il lavoro.
In definitiva, il Reddito di base non rappresenta la libertà dal lavoro, ma, al contrario, la libertà dai condizionamenti perversi di un mercato del lavoro contrario agli interessi della collettività e del bene comune.
Con il Reddito di base, unito al rafforzamento della sanità pubblica, del sistema formativo scolastico e accademico e degli altri istituti previsti per i servizi ai cittadini, ottimizzando e razionalizzando la spesa pubblica, eliminando ogni sorta di sprechi e dispersioni, sarebbe possibile dare la giusta remunerazione ai tanti lavori grandemente utili alla società ma non retribuiti, dalla cura dei familiari minori, anziani, invalidi, al volontariato sociale, culturale o di altro tipo, alla libera ricerca nel campo scientifico o umanistico e ad ogni attività o funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Affermiamo a tal proposito che il lavoro cui fa riferimento la Costituzione non è necessariamente quello retribuito, dunque legato al mercato del lavoro, tantomeno quello attuale, lo ripetiamo, disfunzionale, distopico e iniquo, ben diverso dal mercato del lavoro della seconda metà del secolo scorso. Ricordiamo che all’epoca della stesura della Costituzione italiana la donna casalinga, impegnata nella cura della dimora e della famiglia del lavoratore, era considerata a tutti gli effetti lavoratrice con piena dignità e riconoscimento sociale.
Basta misure mirate fallimentari
Creare nuovo lavoro dal basso, promuovere una transizione ecologica e tecnologica dal basso non è affatto un’operazione semplice, ma va portata avanti con determinazione. Come non è semplice spiegare alla gente, duramente provata da anni di impoverimento a favore delle classi più forti, profondamente disillusa, cose complesse e articolate, perché c’è un diffuso rifiuto della complessità indotto dall’esasperazione e dalla sfiducia che dalla politica possa venire qualcosa di buono.
C’è un 50% di popolazione che da anni, forse decenni, è in posizione di declino, si impoverisce e continua a perdere terreno. Anche i ceti medi arretrano verso la povertà, come rilevato da studi forniti dalle ACLI (“Il ceto medio si sgretola: famiglie italiane sempre più povere”, Elisa Campisi – Avvenire mercoledì 14 maggio 2025).
Quanto ha ancora senso porre limiti restrittivi che non sono mai serviti a rendere più efficaci le misure mirate, ma solo a farle fallire? Quanto ha senso farlo oggi, sapendo benissimo che almeno metà della popolazione si è impoverita e scivola in condizioni sempre più precarie?
Bisogna prendere atto definitivamente che è del tutto improprio separare la popolazione povera o a rischio povertà dal ceto medio, perché la fascia intermedia di popolazione subisce comunque una perdita di potere d’acquisto sistematica.
Il presupposto necessario per affrontare le sfide politiche del tempo che viviamo è la presa d’atto che il neoliberismo ha vinto, inesorabilmente, definitivamente e in modo irreversibile. Non c’è più spazio per l’approccio social democratico del secolo passato, non è possibile affrontare gli scenari odierni con schemi ideologici tramontati. Il modello della socialdemocrazia liberale (lavoro, tasse, contributi, pensione) non è più difendibile. Per la gran parte dei lavoratori e dei datori di lavoro, pagare tasse e contributi insieme è diventato insostenibile e non è più possibile tracciare un solco tra la povertà e la non povertà.
Finora la pretesa di risolvere il problema della povertà col lavoro si è infranta contro la dura realtà degli ultimi trent’anni e appare del tutto illusorio credere che il numero degli occupati possa salire ancora, nel contesto di un uso sempre più massiccio di dispositivi elettronici, robotici e di intelligenza artificiale in ogni ambito.
A questo proposito aggiungiamo un dato significativo: il tasso di occupazione della Regione Lombardia ha raggiunto quota 70,2%, il valore massimo della serie storica (dato Unioncamere 2023), in linea con la media OCSE, purtuttavia la Caritas Ambrosiana, usando la metafora del “pavimento appiccicoso”, ha denunciato in maniera chiara e inequivocabile che anche nella regione italiana più ricca e dinamica il povero è figlio di poveri che trasmettono il proprio svantaggio di generazione in generazione senza scampo.
La retorica del lavoro e della dignità, finora, non ha garantito né lavoro, né dignità. Chiediamo si passi dalla retorica alla concretezza di questi diritti fondamentali e di tutti gli altri.
Solo un Reddito di base può dare una risposta sensata in un simile scenario, mentre i redditi minimi garantiti tradizionali risultano del tutto inadeguati e rischiano di risultare gravemente controproducenti, dando vita a ulteriori storture e a nuove discordie sociali tra poveri e impoveriti e trasformandosi in vere e proprie trappole di povertà, non essendo integralmente sommabili al reddito da lavoro. Inoltre, le misure mirate tendono a non essere abbastanza efficaci dove la vita costa di più.
A fronte di questo scenari, le misure antipovertà del governo, come l’Adi o il Sfl, oltre che fallimentari, risultano prive di senso logico, del tutto inadeguate ai bisogni reali, alla piena attuazione dei diritti fondamentali legalmente sanciti, al buon funzionamento dell’economia e della società. Esse sono il risultato di un approccio gravemente datato, irragionevole, totalmente slegato dalla realtà e dai criteri di efficienza da cui le moderne comunità politiche non possono e non avrebbero dovuto mai prescindere.
Chiediamo si chiuda per sempre con la falsa propaganda del Reddito di base che scoraggerebbe il lavoro: è vero il contrario. Le sperimentazioni attuate nel mondo lo dicono chiaramente e nella stessa Italia, lo ha affermato l’ISTAT, si è avuto, al contrario, un balzo del tasso di occupazione, dal 59% del 2019 al 60%, che non si vedeva dal 1977, nel 2022, e addirittura al 61% del 2023, in precisa corrispondenza con l’attuazione del tanto disprezzato Reddito di Cittadinanza. Come potrebbe scoraggiare il lavoro un accredito di una somma ad esso cumulabile?
In una comunità politica moderna non può essere il pregiudizio a determinare l’azione di governo, ma piuttosto la conoscenza, la consapevolezza, il senso di responsabilità verso il bene comune e l’interesse collettivo, l’approccio lucido, logico e razionale.
Chiediamo si chiuda per sempre l’era
•dei sussidi di disoccupazione o di povertà che non raggiungono tutti gli aventi diritto (e bisogno), che rappresentano alternative povere al lavoro povero e quindi delle autentiche trappole della miseria,
•delle borse di studio per meritevoli in perenne ritardo e da restituire alla prima defaillance,
•degli assegni di invalidità e accompagnamento, ridotti ai minimi termini e lesinati con ogni mezzo dallo Stato agli aventi diritto,
•dei bonus a pioggia accaparrati dagli “specialisti della domanda”,
•delle misure a sostegno delle famiglie gravemente insufficienti.
Chiediamo, insomma, la fine di tutte le misure mirate e la loro sostituzione con un’unica misura di contrasto alle diseguaglianze e riequilibrio nella distribuzione della ricchezza e delle opportunità, un meccanismo distributivo e non assistenziale, che recuperi masse di denaro lì dove accumulato in eccesso e lo riporti ai piani inferiori della piramide sociale.
Andare oltre gli orizzonti del reddito minimo garantito, con l’introduzione del Reddito di base, consentirebbe l’attuazione concreta di quei principi ispiratori della Costituzione italiana e dei trattati europei nel modo più semplice, consentendo di approdare a un nuovo sistema socio-economico che tenga conto degli epocali mutamenti in atto.Solo il Reddito di base può contribuire in maniera efficace all’adempimento concreto dei principi di uguaglianza, solidarietà, del diritto al pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione democratica dei cittadini.
Richieste in linea con la Costituzione e i trattati europei
A fronte della situazione
• di povertà assoluta che riguarda 5,7 milioni di persone in Italia (1,3 milioni minori), di cui 2 milioni e 613 mila in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale,
• di povertà relativa che riguarda 8,6 milioni,
• della difficoltà per tantissimi di accedere finanche all’elementare diritto a una casa,
• dei dati relativi alle percentuali di occupazione in Italia, attestate a non oltre il 62% (62,1% ultimo record stimato dall’OCSE, 9 luglio 2024) dalla fine degli anni ’70 (ISTAT),
• del numero di lavoratori poveri, che si aggirerebbe intorno ai 3 milioni,
riguardo alla Costituzione della Repubblica Italiana, chiediamo in particolare il rispetto:
Dei principi della democrazia e sovranità popolare (art.1), vanificati e inficiati dalle insopportabili diseguaglianze di mezzi e di opportunità e dal mancato accesso al lavoro, su cui la Repubblica stessa è fondata, per una parte cospicua della popolazione attiva;
Dei “diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e […] l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art. 2);
Della “pari dignità sociale e [uguaglianza] davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”(art. 3);
Dell’impegno della Repubblica a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3);
Del diritto-dovere “di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” (art. 4);
Del diritto riconosciuto “ai non abbienti, con appositi istituti, [de]i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione” (art. 24);
Dell’impegno della Repubblica ad agevolare “con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose” e proteggere “la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”. (art. 31);
Dell’impegno della Repubblica a tutelare “la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e [garantire] cure gratuite agli indigenti” (art. 32);
Del diritto dei “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi”, a “raggiungere i gradi più alti degli studi”, andando oltre misure come “borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”, che si sono rivelate del tutto insufficienti e inadeguate allo scopo (art. 34).
Ricordiamo che: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi” (art. 36);
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. […] “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. […] Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato” (art. 38).
“L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali” (art. 41).
“La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale.La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità” (art. 42).
“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività” (art. 53).
Chiediamo si prenda atto che, a 77 anni dalla promulgazione della Costituzione, le misure mirate, messe finora in campo, non sono state sufficienti a dare concreta attuazione ai principi ispiratori su cui è fondata la Repubblica Italiana nata dalla Resistenza, con grave danno per milioni di persone che vivono situazioni di estremo disagio e sofferenza, ma anche per il Paese nel suo complesso, che vive una profonda crisi e guarda con grande incertezza al proprio futuro.
Inoltre, in considerazione delle rilevazioni Eurostat che segnalano, anche nel 2023, nell’UE, circa 95 milioni di persone a rischio di povertà o esclusione sociale, pari al 21% della popolazione totale, di cui 28,7 milioni in grave deprivazione materiale e sociale (2022), e riguardo ai principi sanciti dai trattati europei, ricordiamo come le istituzioni europee nel loro complesso e nella loro lunga storia ed evoluzione, dal dopoguerra ad oggi, abbiano, di trattato in trattato, di provvedimento in provvedimento, affinato la sensibilità e la concezione dei diritti umani, a partire dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950, alla Carta sociale europea del 1996 (redatta nel 1961, riveduta nel 1996, entrata in vigore nel 1999), alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000, entrata in vigore nel 2009 e giuridicamente vincolante per tutti gli stati membri, infine il Pilastro sociale del 2017, fino ai nostri giorni, in cui sperimentiamo, come per la Costituzione italiana, da un lato l’ambizione e il desiderio di toccare vette sempre più alte di civiltà e qualità della vita, dall’altro i fallimenti delle misure poste in essere per attuare questi principi, che sono nel DNA dell’Europa.
Tassare la ricchezza e colpire economia illegale
Alle istituzioni europee che richiedono il rientro dal debito pubblico in tempi brevi e a tappe forzate diciamo schiettamente che riconosciamo in pieno la necessità e l’urgenza di farlo, ma che potremmo agevolmente ridurlo nei tempi richiesti tassando la grande ricchezza e con una lotta senza quartiere all’economia sommersa. Non è facile farlo per l’esistenza di regimi fiscali di favore nella stessa Europa oltre che nel resto del mondo, una logica a cui purtroppo la stessa Italia si è tristemente adeguata, con l’introduzione della cosiddetta flat tax per stranieri, ovvero l’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero, realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia. Da questa misura il paese non trae, peraltro, vantaggi concreti, al contrario, essa ha creato una concentrazione di facoltosi acquirenti nella città di Milano, andando così a squilibrarne pesantemente il mercato immobiliare, a danno dei milanesi. Senza l’unificazione dei regimi fiscali europei e una lotta senza quartiere contro i paradisi fiscali che l’Ue potrebbe e saprebbe fare, a nostro avviso, non si va lontano.
In Italia non è rimasto granché da tagliare alla spesa pubblica. Un approccio razionale avrebbe dovuto suggerire un cambio di metodo, a fronte dell’aumento continuo del debito pubblico, giunto a 3 mila miliardi di euro, in corrispondenza dei continui tagli ai servizi essenziali.
È stato tutt’altro che razionale, negli ultimi decenni, omettere la lotta alle diseguaglianze per il presupposto falso, sterilmente moralistico e sbagliato che non sarebbe giusto dare soldi in cambio di nulla.Lo stesso si dica per la gestione di economia e servizi ai cittadini, con tagli scriteriati a scuola, sanità, trasporti, ordine pubblico, per produrre un avanzo primario puntualmente ingoiato dagli interessi sul debito, perché i tagli ai servizi impediscono la crescita che consentirebbe di ridurlo. Idem si dica per il disastro infrastrutturale che vede le reti idriche disperdere acqua potabile sempre più scarsa soprattutto al Sud, con la Sicilia e altre aree del paese a rischio desertificazione e reti ferroviarie del tutto insufficienti, costantemente soggette a guasti, sempre più ricorrenti, con pesanti disagi per i viaggiatori quasi ogni giorno. Per non parlare del dissesto idrogeologico, risultato della incapacità di gestione del territorio.
È necessario scommettere seriamente su soluzioni radicali, come quelle che proponiamo, che non sono un libro dei sogni, come qualche improvvido opinionista potrebbe commentare, bensì l’essenziale, da ripristinare con urgenza, tassando la ricchezza. Lo Stato deve tracciare un elenco ordinato delle spese da sostenere nell’interesse del paese e poi, sulla base delle esigenze di spesa, trovare i fondi tramite tassazione e altre entrate stabili, che non creino debito e non generino danno.
È necessario rimettere al centro l’interesse collettivo in luogo degli interessi delle categorie forti, che spesso assorbono risorse in maniera sterile e improduttiva.
Una riflessione va fatta, intanto, sulle agevolazioni fiscali che pure premiano spudoratamente i più benestanti a svantaggio dei più poveri e in Italia ammontano a un mancato introito di oltre 100 miliardi. I danni arrecati dall’indebolimento dei servizi pubblici sono sotto gli occhi di tutti, mentre permane un’economia sommersa di dimensioni gigantesche. Senza tassare le immense ricchezze prodotte dell’automazione e dall’IA sarà impossibile creare nuovo lavoro. Farlo è unicamente una questione di volontà politica.
L’esperienza diretta degli ultimi anni smentisce il timore di fughe di massa di capitali, come è infondata la convenienza effettiva dei trattamenti di favore. In realtà queste argomentazioni fanno da paravento a una chiara tendenza a schiacciare le classi medie e piccole per favorire spudoratamente la grande ricchezza, compresa quella opaca o sporca attraverso svariati meccanismi di natura anti-progressiva, che vanno dalle imposte sulle successioni a quelle sulla rendita e sul patrimonio, e dispositivi giuridici che favoriscono l’occultamento e il riciclo di capitali illeciti.
Chiediamo alle istituzioni nazionali e comunitarie un maggiore e più incisivo impegno nel recupero di masse monetarie e di beni accumulati in maniera incontrollata da parte di pochi soggetti a detrimento della comunità civile tutta, a partire da quelli di origine illecita, con particolare riferimento alle immense fortune delle organizzazioni criminali di stampo mafioso.Riteniamo ineludibile e non più procrastinabile un intervento incisivo contro gli egoismi personali, familiari, societari, aziendali e di categoria, che vanno a detrimento della comunità civile e del bene comune e contro gli intrecci perversi tra economia legale e capitali di origine criminale, siano essi frutto di attività illecite o di mera evasione o elusione fiscale.
L’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate italiana, Ernesto Ruffini ha dichiarato che nei suoi dieci anni all’Agenzia delle Entrate sono stati recuperati 240 miliardi, più dei fondi del Pnrr, chiedendosi a che cosa siano serviti se abbiamo ancora un Paese in cui 6 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà e un debito pubblico di 3 mila miliardi. Oltre a questi esiste una massa enorme di crediti fiscali non riscossi: nel corso di alcune audizioni alla commissione Finanze della Camera si è parlato di circa 1.300 miliardi. Verrebbe da chiedersi se questi soldi avanzati dal fisco esistano realmente in natura, nei conti correnti degli evasori, oppure siano in parte puramente teorici. In entrambi i casi si conferma la necessità di operare correttivi radicali, capaci di rendere il sistema tributario ancora più efficace, rigoroso e aderente alla realtà.
Gli strumenti moderni di intelligenza artificiale e recenti dispositivi di accertamento e incrocio tra banche dati del sistema creditizio e dell’Agenzia delle Entrate rappresentano un significativo passo avanti nella direzione giusta. Se tali strumenti saranno potenziati da soglie per l’uso del contante sempre più basse e altri provvedimenti tesi ad aggredire l’economia sommersa e a ridurre ai minimi termini i margini di azione dei soggetti che hanno finora fatto impresa in nero, dato lavoro in nero e smaltito scorie in nero, inquinando il territorio, la riduzione drastica di tali danni arrecherà benefici immensi a territori e popolazioni.
I promettenti progressi tecnologici e scientifici, che vanno dall’automazione all’intelligenza artificiale, porteranno anche e soprattutto a ulteriori riduzioni del carico di lavoro per gli esseri umani, rivelando come fondata e realizzabile la “profezia” dell’economista John Maynard Keynes che prevedeva nel 2030 un orario settimanale di lavoro di 15 ore. Riteniamo altresì che i proventi di tali prodigiosi mezzi debbano essere distribuiti attraverso gli strumenti indicati, per restituire opportunità di vita e realizzazione a tutti, evitando che molti restino indietro o esclusi come avviene ancor oggi.
Reddito di base e sostenibilità ambientale
Ciò consentirà anche di spezzare il circolo vizioso che porta a consumi compulsivi per compensare la fatica e i sacrifici imposti da ritmi di lavoro che non hanno più giustificazione nella necessità di produrre ricchezza, visto che la ricchezza è prodotta anche in eccesso grazie ai progressi tecnologici. La necessità semmai è opposta: ridurre il lavoro e i consumi materiali per renderli sostenibili ambientalmente, sia dal punto di vista dell’inquinamento, sia dal punto di vista del riscaldamento globale, che vanno entrambi drasticamente ridotti e non a spese dei comuni cittadini, ma piuttosto a partire da quelle classi privilegiate e più benestanti che ne sono maggiormente responsabili.
Nel dibattito internazionale sulla lotta alla povertà, al consumo eccessivo delle risorse e ai cambiamenti climatici va segnalato il filone della decrescita, sul quale non ci addentriamo, limitandoci a rimarcare recenti autorevoli prese di posizione in tal senso, anche in sede ONU, nonché il fatto che i movimenti per la decrescita siano fortemente a favore del Reddito di base, come ausilio indispensabile al contrasto al consumo eccessivo di risorse, ai disastri ambientali da inquinamento o alterazione del clima.
I danni alla vita, alla salute fisica e mentale e alla fertilità umana arrecati da tali disastri si ripercuotono su tutta la popolazione, a partire dai più poveri. L’OMS stima che circa 1,4 milioni di persone nella Regione europea muoiano ogni anno a causa di fattori di rischio ambientali e che quasi la metà di queste morti evitabili può essere attribuita al solo inquinamento atmosferico. Ma vi sono infinite altre forme di avvelenamento diffuso e accertato, che sarebbe troppo lungo elencare qui.
Dunque sarebbe giusto e urgente iniziare a indennizzare le fasce più deboli colpite da un lato da calamità naturali sempre più frequenti e distruttive e dall’altro dall’aumento di infertilità, malformazioni e svariate malattie e sindromi patologiche talora misconosciute che, a causa della mancanza di mezzi e di adeguate informazioni, restano non di rado non solo non curate, ma neppure diagnosticate.
In merito a quest’ultimo punto sottolineiamo la necessità assoluta e impellente di accelerare gli adeguamenti ai criteri di sostenibilità ambientale di ogni tipo di dinamica individuale, familiare, collettiva e imprenditoriale, facendo in modo che i costi della transizione ecologica non ricadano sui più deboli.
Papa Francesco, Leone XIV e la povertà
Se da un lato prendiamo atto con favore che da più parti, in questi anni, si è affermato quanto sia necessario rimettere al centro la persona, il creato e il bene comune (prendiamo ad esempio tra i tanti interventi quello del gruppo di autorevoli esponenti del mondo cattolico nel lavoro collettaneo Piano B), dall’altro lato avvertiamo un senso di allarme nel vedere, nonostante tutto, sottovalutata una povertà dilagante che Papa Francesco e il presidente della CEI Card. Matteo Zuppi hanno a più riprese definito “scandalosa”.
Abbiamo appreso da vari organi di stampa il pensiero del nuovo pontefice sulla necessità di aggiornare la Dottrina Sociale della Chiesa e l’anticipazione di una nuova enciclica, esortazione o lettera pastorale, di prossima pubblicazione, evidentemente delineata da Francesco e condivisa, oltre che completata dal successore. Esprimiamo il nostro plauso al fatto che il primo documento a firma di Leone XIV sia dedicato ai poveri. La necessità di aggiornare la Dottrina Sociale della Chiesa è stata riconosciuta apertamente dal nuovo Papa: “Le definizioni di centotrenta anni fa non sono più adeguate oggi. Ciò non significa che non siano vere o corrette, ma che non sono più adeguate sotto alcuni aspetti. Le situazioni richiedono una nuova analisi e una risposta serena. La Chiesa nella sua dottrina sociale ha saputo avvicinarsi ai problemi e deve farlo anche adesso, partendo dai principi morali fondamentali come la dignità della persona, il bene comune, la solidarietà, la libertà di coscienza” scrive inoltre lo stesso Papa nella prefazione a sua firma a un volume di recente pubblicazione, riportato dalla stampa (“Ambiente e diritti, una dottrina sociale per la Chiesa di oggi ”, Robert Francis Prevost – La Repubblica 28 Agosto 2025). Già Papa Francesco si era espresso a più riprese in modo favorevole a un reddito o “salario” di base, in occasione degli incontri con i Movimenti Popolari e nel volume “Ritorniamo a sognare”.
Speriamo che Leone XIV voglia confermare e rafforzare questo orientamento, farne, se possibile un definitivo e più solido tassello della Dottrina Sociale della Chiesa, anche in considerazione del legame profondo tra il dilagare delle diseguaglianze sempre più accentuate e i rischi mortali che corrono oggi le democrazie e la pace. Tali diseguaglianze rischiano di esplodere ulteriormente con l’incedere di sempre più sofisticate forme di intelligenza artificiale. Il nostro auspicio è che nel documento di prossima pubblicazione si affermi la necessità di introdurre Redditi di base come misura distributiva da affiancare al lavoro, per consentire una più equilibrata distribuzione della ricchezza, in considerazione dell’efficacia che questo strumento avrebbe nella effettiva larga diffusione della proprietà privata, per il principio della destinazione universale dei beni, affermata a più riprese dal Magistero della Chiesa Cattolica, e ancor oggi, di fatto, inesorabilmente conculcata, come pure lo è in larghi strati di popolazione il diritto di ciascuno al pieno sviluppo della persona. Così come da noi delineata, questa misura potrebbe rafforzare i corpi intermedi della società, favorendo la sussidiarietà, e consoliderebbe la serenità delle famiglie, dando impulso alla natalità. Siamo fiduciosi che possa anche educare al valore della solidarietà e disinnescare le pretese di autosufficienza a ogni costo, che una mentalità sempre più individualista ha diffuso in modo pervasivo, a spese della capacità di comprensione verso i più deboli e del senso di appartenenza alla comunità, che sia la comunità politica nazionale o che sia la grande famiglia umana.
Lo ribadiamo per ulteriore chiarezza: il Reddito di base non può e non deve mirare a sostituire il lavoro come principale mezzo distributivo della ricchezza, ma piuttosto affiancarlo in modalità ancillare, al fine di assicurare serenità a chi ne resta sprovvisto senza averne alcuna colpa e a ciascuno libertà di istruzione, formazione, iniziativa economica e cura della salute.
Reddito di base e lotta alla criminalità
«Le nostre città non devono essere liberate dagli emarginati, ma dall’emarginazione; non devono essere ripulite dai disperati, ma dalla disperazione», ha affermato di recente Leone XIV («Carceri piene per la guerra ai poveri. Non si combatte il business criminale» Giacomo Gambassi, Avvenire – giovedì 26 giugno 2025). Facciamo nostre queste parole e, con esse, l’allarme che viene da più parti sulla situazione vergognosa delle carceri italiane.
Il reddito di base si è dimostrato in varie sperimentazioni efficace nella prevenzione delle recidive e nel reinserimento, con un calo sensibile dei crimini. Bisogna inoltre potenziare le opportunità di istruzione, formazione e lavoro nei penitenziari. Con un Reddito di base sarebbe possibile prevenire e combattere piaghe come la delinquenza indotta o favorita dalla necessità e fenomeni devastanti come l’usura. Sarebbe un colpo formidabile a tutte le organizzazioni criminali che sfruttano la bassa manovalanza abbrutita dal degrado e dalla deprivazione e attratta dai facili guadagni.
Solo con un Reddito di base si riuscirebbe a superare la grave deprivazione che impedisce uno sviluppo armonico, sano e ordinato di interi territori per intere generazioni, sottraendo, di fatto, a molti l’accesso a una formazione sufficiente a rendere l’individuo capace di essere cittadino in piena consapevolezza e padronanza dei diritti e doveri e di lavorare, nell’ambito di un’economia estremamente avanzata, come quella attuale.
Che cos’è il Reddito di base che chiediamo
Il Reddito di base è un’erogazione mensile di una somma in moneta a corso legale (euro) da parte della comunità politica, individuale, vita natural durante, a tutti i residenti sul territorio nazionale/comunitario in maniera incondizionata, senza alcuna contropartita e senza controllo delle risorse. Deve essere sostenibile e finanziata dalla fiscalità generale, senza comportare ulteriore debito pubblico, né conseguenze economiche svantaggiose per la collettività (inflazione). Pertanto, la misura che noi chiediamo andrà inizialmente destinata a una platea più circoscritta, a partire dai più disagiati, con un piano pluriennale che estenda la platea dei destinatari con criteri di progressività, secondo le coperture finanziarie disponibili, fino al ceto medio e in ultimo ai ceti abbienti.
È da considerarsi distributiva, non assistenziale, dunque non deve avere nulla a che vedere con le politiche di inclusione al lavoro, ma deve costituire un meccanismo di distribuzione e di autoregolazione dell’economia mondiale, oltre che nazionale e comunitaria.
In sintesi rispetto a quanto finora affermato, lo chiediamo: per rimettere al centro della politica la persona, in armonia con la natura; per dare attuazione concreta alla Costituzione italiana, ai trattati e ai principi ispiratori dell’Unione Europea e alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; per ridurre l’impatto delle diseguaglianze;per consolidare la coesione sociale e la tenuta democratica delle istituzioni nazionali; per restituire piena libertà e capacità di autodeterminazione, pieno sviluppo della personalità, serenità economica e opportunità attualmente conculcate a larghi strati della popolazione italiana ed europea, come evidenziano tutte le statistiche e gli studi in merito disponibili, con decine di milioni di persone in povertà assoluta e relativa o a rischio povertà, divari territoriali sempre più stridenti, situazioni ancora diffuse di degrado, abbandono scolastico, pervasività criminale, voto di scambio e clientelare, con intere generazioni che nascono e crescono in contesti di deprivazione di diritti essenziali e non saranno, perciò, disposte ad assolvere ai doveri civici e sociali di onestà, solidarietà e operosità; per mitigare l’emorragia emigratoria e il tracollo demografico che mettono a rischio il futuro del nostro paese; per restituire potere d’acquisto ai ceti medi e più deboli, penalizzati, negli ultimi decenni, dai meccanismi naturali di accumulo di ricchezza a detrimento della metà della popolazione meno forte, tipici del sistema capitalistico neoliberista; per restituire a ciascuno l’accesso al tempo libero vissuto in pienezza, alla vita di relazione, spirituale e associativa, alla libera circolazione, all’ambiente naturale e ai paesaggi, ai beni culturali, all’arte, al godimento e all’espressione della bellezza e dell’armonia del cosmo e delle altezze e profondità dell’umano genio.
Con un Reddito di base si tradurrebbe in realtà il diritto al lavoro per tutti, come svolgimento, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, di un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società e solo con esso sarebbe davvero garantita a tutti la libertà di iniziativa e impresa. Avrebbe un’ampia molteplicità di effetti benefici nella vita delle persone, delle famiglie, della società e dell’economia, spingerebbe la domanda aggregata, con essa la crescita, l’occupazione e il gettito fiscale, consentendo di ridurre considerevolmente il debito pubblico e la maggiore offerta di servizi ai cittadini, creando nuovo lavoro meglio remunerato.
Uno studio citato dalla rivista Forbes, “pubblicato da Cell Reports Sustainability e firmato da un team internazionale ha condotto un’analisi globale di 186 paesi per esaminare il potenziale impatto del reddito di base come duplice soluzione per la sostenibilità e la resilienza sociale. […] L’istituzione di un reddito di base per l’intera popolazione mondiale potrebbe aumentare il prodotto interno lordo (PIL) del 130%” (“Renta básica a la población podría duplicar el PIB mundial y reducir las emisiones de carbono: estudio” Forbes Mexico, a cura di Forbes Staff – 7 giugno 2024).
Richiamiamo con forza la cospicua documentazione inerente il RBI, disponibile sul sito del Basic Income Earth Network (in lingua italiana sul sito dell’associazione Basic Income Network Italia), innanzitutto per poter smentire seccamente ogni pregiudizio su questa misura, guardando ai risultati incoraggianti provenienti da decine di sperimentazioni attuate o in corso in tutto il mondo.In particolare segnaliamo i risultati degli studi sulla sperimentazione in Kenia di trasferimenti diretti di denaro alla popolazione, che attestano l’inesistenza di effetti inflattivi del Reddito di base.
Le nostre proposte
Per raggiungere tutti questi obiettivi, chiediamo alle istituzioni della Repubblica Italiana e dell’Unione Europea l’introduzione di riforme, che diano vita a un nuovo sistema socio-economico, fondato su:
RETRIBUZIONE MINIMA – Retribuzione minima legale, espressamente stabilita in Italia e in ogni paese membro Ue, sia per i lavoratori dipendenti che per quelli autonomi, con particolare riguardo per le attività usuranti.
ORARI E PERIODI DI LAVORO DRASTICAMENTE RIDOTTI – Adozione di orari e periodi di lavoro ridotti, con l’obiettivo di fissarli, nell’immediato, in linea di massima, a 24 ore settimanali (con l’obiettivo di scendere ulteriormente a 15 non appena ve ne saranno le condizioni), per 10 mesi, con varie turnazioni per lavoratori e professionisti, in modo da garantire a tutti l’offerta di beni e servizi in ogni periodo, l’accesso a un impiego, ferie sufficienti al riposo, allo svago, agli interessi sportivi o culturali, e distribuite a scelta in diversi periodi dell’anno.
UNIONE FISCALE EUROPEA A CARATTERE PROGRESSIVO, CON PRELIEVO MAGGIORATO SU RENDITE, CONSUMI DI LUSSO E ATTIVITÀ SVANTAGGIOSE PER LA COLLETTIVITÀ – Unificazione dei regimi fiscali dei 27 paesi membri Ue, sulla base di una riforma complessiva, ordinata, organica e rigorosamente impostata su criteri di progressività, che vada a potenziare e riordinare, appunto, in senso progressivo il prelievo sul consumo, a detassare la produzione (soprattutto se sostenibile ed equa) e a riequilibrare, rispetto alla tassazione sul lavoro, il prelievo sulla rendita, i capitali e i patrimoni plurimiliardari e plurimilionari, oltre a introdurre, previ eventuali accordi necessari in sede OCSE, o integrare tassazioni mirate su attività e prodotti da scoraggiare (carbon tax, plastic tax, sugar tax, IVA maggiorata su prodotti e alimenti dannosi per la salute, l’ambiente e il clima), da compensare (robot tax, AI tax, in caso di sostituzione di manodopera umana, Tobin tax da mantenere e anzi potenziare), o da remunerare (digital tax) e spingendo ulteriormente l’uso di pagamenti tracciati e sistemi informatici di incrocio dati per contrastare evasione ed elusione e rendere più semplice ed efficiente il sistema tributario nel suo complesso; introduzione del divieto di salvataggio bancario a seguito di operazioni basate su azzardo morale, per combattere il parassitismo finanziario della speculazione; robusta riduzione del debito pubblico che consentirà di recuperare decine di miliardi di interessi; ottimizzazione della spesa pubblica, tagliando i veri sprechi, gli incentivi alle imprese sotto forma di detrazioni fiscali, affinché i soldi dei contribuenti siano diretti all’offerta dei servizi essenziali ai cittadini e residenti, fermo restando il principio di sussidiarietà, laddove lo Stato può ottenere un consistente risparmio finanziando con modesti contributi un privato senza scopo di lucro (effettivo, non meramente formale, dunque con divieto di pagare stipendi superiori a quelli del comparto pubblico); eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi, inquinanti e climalteranti, da quelli agli allevamenti intensivi a quelli alle attività fossili; contrasto all’economia sommersa di tipo chirurgico, che non comporti oppressione fiscale ed eviti la selezione naturale dei più ricchi e attrezzati a superare ostacoli burocratici; riforma del catasto equa, tenendo conto del reale valore di mercato degli immobili alla luce delle nuove (opportune) regole europee sull’adeguamento termico e sulla reale capacità fiscale di chi li abita, per non peggiorare ulteriormente la già grave emergenza abitativa.
Infine, nell’ottica della razionalizzazione della spesa pubblica e della necessità di una sempre maggiore integrazione europea, segnaliamo che in assenza di una difesa comune europea (il primo progetto, lo ricordiamo, fu promosso con determinazione da Alcide De Gasperi e affossato poco dopo la sua morte nell’agosto del 1954, esattamente settant’anni fa), capace di ottimizzare le risorse e contenere al massimo le spese militari, che a fronte delle recenti richieste NATO rappresenterebbero un onere insostenibile per il bilancio pubblico soprattutto italiano, si rende oggi necessario uno stretto coordinamento tra le forze armate UE per definire risorse e strategie di sicurezza comuni che non escludano comunque a priori un deciso impegno diplomatico. Come è stato da più parti osservato, un riarmo caotico senza coordinamento risulterebbe inutilmente dispendioso, sottrarrebbe risorse da dedicare urgentemente ad altri scopi e non determinerebbe davvero una maggiore capacità di difesa; non darebbe altresì valore aggiunto economico e andrebbe soprattutto in contraddizione con la vocazione di mediazione diplomatica europea e con la sensibilità popolare sfavorevole a impegni militari che non rappresentino una minaccia diretta.
REDDITO DI BASE – Reddito di Base Incondizionato, un accredito mensile, vita natural durante, individuale, a partire dai 18 anni, fissato ogni anno in base alla soglia di povertà, erogato dallo Stato in ciascuno dei paesi membri Ue, senza che ne venga fatta domanda, cumulabile con il reddito da lavoro e con la rendita di modesta entità, da cui siano esclusi solo i colpevoli di reati gravissimi (appartenenti alle organizzazioni criminali), individuati dalla magistratura e dalle forze dell’ordine, e i detenuti.
La nostra proposta, allegata al Manifesto (nelle ultime pagine) prevede:
• Assegno compreso tra una forbice di €500/700 mensili, da 18 a 55 anni, rigorosamente individuali, a titolo incondizionato, integralmente cumulabili con reddito da lavoro e/o da proprietà personali e familiari;
• Assegno compreso tra una forbice di €800/1.000 mensili, da 55 anni in su e per soggetti fragili, anche solo parzialmente invalidi , sia abili che inabili al lavoro, rigorosamente individuali, a titolo incondizionato, integralmente cumulabili con reddito da lavoro e/o da proprietà personali e familiari;
• Bonus figli di €300 per ogni figlio da 0 a 11 anni, senza limiti al numero dei figli, di €700 da 12 a 18 anni, vincolato alla regolare frequenza scolastica, integralmente cumulabile con reddito da lavoro e/o da proprietà familiari e redditi di base dei genitori;
• Destinatari: tutti i cittadini italiani, stranieri residenti regolarmente, rifugiati, compresi senza fissa dimora con residenza fittizia e a partire da questi. Si inizia a erogare il trasferimento ai soggetti più deboli, secondo una soglia di reddito da stabilire secondo le coperture disponibili, ma tale da coprire da subito tutta la platea della povertà assoluta, calcolata dall’ISTAT in 5,7 milioni di persone, di cui 1,3 milioni minori; successivamente va esteso alla platea della povertà relativa, stimata intorno a 8,5 milioni di persone, poi al ceto medio, infine a tutti, anche ai più benestanti. Nell’arco di una legislatura andrebbe comunque raggiunto almeno il 50% della popolazione.
Aggiungiamo che il Reddito di base non andrebbe finanziato mediante le imposte sui redditi, che devono rimanere la fonte di finanziamento della sanità pubblica, dell’istruzione, dell’assistenza sociale, della giustizia, dell’ordine pubblico, dei trasporti, dell’amministrazione e di tutti i servizi ai cittadini che uno stato efficiente deve garantire in pienezza.
Elenchiamo in estrema sintesi, per maggior chiarezza, alcune delle funzioni a cui il Reddito di base deve assolvere da subito (nell’arco di una legislatura):
• Sussidio di uscita dalla povertà e reinclusione;
• Sussidio di pari opportunità e accesso all’istruzione e formazione;
• Sussidio di disoccupazione cumulabile con lavoro precario, saltuario, stagionale o con orario ridotto;
• Sussidio cumulabile a reddito da lavoro ridotto o impossibile e proprietà insufficiente al sostentamento in caso di invalidità o età non appetibile per il mercato del lavoro;
• Sussidio maternità e paternità;
• Sussidio antiviolenza per le donne;
• Sussidio di inclusione per i soggetti privi di agibilità economica individuale (persone adulte prive di conto corrente e finanche di carta ricaricabile con IBAN);
• Sussidio remunerativo di varie attività utili o necessarie alla società non riconducibili al mercato del lavoro;
• Sussidio di sostegno e facilitazione della transizione ecologica e tecnologica e di compensazione per i danni da fattori inquinanti e/o climalteranti;
• Sussidio per la cura e la prevenzione della salute psicofisica, ferma restando la necessità di ristabilire in pienezza il Sistema Sanitario Nazionale come originariamente concepito;
• Sussidio alla libera iniziativa privata, alla sussidiarietà e all’innovazione;
• Sussidio di tutela alla libertà di informazione e di espressione;
• Sussidio di incentivo alle forme di impresa solidaristiche;
• Sussidio di accesso alla cultura, alla piena cittadinanza e alla libera circolazione;
• Sussidio di disincentivo all’emigrazione;
• Meccanismo distributivo e correttivo delle diseguaglianze di genere, territoriali, economiche, per restituire potere d’acquisto ai ceti medi e più deboli, appartenenti alla metà della popolazione impoveritasi negli ultimi tre decenni.
Paradigma relazionale
Il reddito di base è innanzitutto una piena presa di coscienza di appartenere a una comunità. L’individuo, fuori dalla comunione con gli altri è come un pesce fuor d’acqua. Isolamento, individualismo, atomismo, che possono apparire scelte di libertà, rappresentano, invece, trappole di solitudine e costituiscono una seria minaccia alla felicità e al benessere delle persone e alla stessa democrazia. Ricostruire nelle persone la propensione alla cura delle relazioni è urgente quanto la ricostruzione del reddito nelle loro tasche.
Per questo motivo abbiamo pensato che il Reddito di base possa diventare la via d’uscita dalla solitudine anche tramite colloqui periodici possibilmente mensili, con personale formato e abilitato per i beneficiari. È questa, a nostro avviso, l’unica condizionalità possibile: la disponibilità a colloqui su chiamata, da parte di enti preposti e soggetti qualificati (assistenti sociali, sindacalisti, patronati, volontari abilitati in centri di ascolto e altro personale formato), per raccontare in presenza la propria esperienza di vita, i motivi per i quali ci si è ritrovati in difficoltà e quali sarebbero le attività che si svolgono o si vorrebbe svolgere per rendersi utili alla società, in modo da fornire ulteriore ausilio al reinserimento e, con l’archiviazione in forma anonima delle testimonianze fornite, ulteriore materiale di indagine per esperti e ricercatori nei campi sociologico, economico, storico e simili.
Si tratta di costruire un percorso insieme ai beneficiari, in cui accompagnarli non solo verso l’autonomia e la completa indipendenza, nel caso dei più poveri, ma anche verso l’uscita da eventuali situazioni di solitudine e sofferenza silente anche di persone apparentemente solide.
Abbiamo volentieri preso spunto, per questo aspetto, dalla proposta contenuta nel Paper Lavoro del laboratorio Piano B, che prova a delineare un nuovo paradigma, o meglio un nuovo “spartito” per l’Italia, per il quale esprimiamo grande apprezzamento.
Nel documento, tra l’altro, viene rilanciata la proposta di una misura di universalismo selettivo, da parte dalla Banca Centrale Europea attraverso un social quantitative easing, ovvero la creazione di moneta apposita per questo scopo. Lo strumento individuato sarebbe quello dell’euro digitale, versato sui borsellini digitali dei beneficiari.Tale proposta, pur discostandosi notevolmente sia dalla nostra che da quella di Philippe Van Parijs di un euro dividendo finanziato con l’IVA, ha suscitato il nostro vivo interesse, sia per l’aspetto legato al paradigma relazionale e ai colloqui che abbiamo accolto e fatto nostro, sia per l’idea del social quantitative easing veicolato con l’euro digitale, che consentirebbe di scavalcare eventuali ostacoli legati alla sostenibilità finanziaria e renderebbe la valuta elettronica un’opportunità preziosa per restituire credibilità alle istituzioni europee.
Una misura di partecipazione
Inoltre, sempre nell’ottica di un reddito che sia di partecipazione, di adesione vera alla comunità politica, oltre che di sostegno, dovrebbe essere applicata l’IRPEF sull’accredito del Reddito di base, in quanto misura distributiva e non assistenziale, e con essa anche la destinazione dell’otto per mille da devolvere agli enti religiosi, il cinque per mille delle associazioni e il due per mille destinato alle forze politiche, in modo da dare a tutti la possibilità concreta di sostenere le aggregazioni di appartenenza e partecipare attivamente alla vita pubblica e alle opere di solidarietà sociale o valenza culturale, ottenendo anche il risultato di rafforzare la democrazia, attraverso i partiti, la cittadinanza attiva e la sussidiarietà, attraverso il terzo settore, e le componenti spirituali della società, attraverso le chiese.
È ciò che prevediamo nella nostra proposta, allegata nelle pagine finali del Manifesto, con la quale chiediamo un disegno di legge per l’introduzione del Reddito di base.
I presidi di democrazia, partecipazione attiva e volontariato e gli enti spirituali rappresentano un valore imprescindibile per la comunità e i territori e possono, se sostenuti finanziariamente con ulteriori risorse, dispiegare un ulteriore potenziale benefico e generativo di cui, forse, in questi anni, non si è tenuto conto nella giusta misura.
Tra l’altro, se potenziati con ulteriori fondi provenienti dall’IRPEF sui Redditi di base, tanto i partiti, quanto il terzo settore, quanto le organizzazioni religiose, potrebbero creare, anche e soprattutto in virtù del principio di sussidiarietà, nuovo lavoro molto utile alla società, a partire dalla Chiesa cattolica, custode di un cospicuo e prezioso patrimonio culturale, disseminato su tutto il territorio nazionale, meritevole di essere autonomamente valorizzato oltre che tutelato. In questo modo, dando sostegno a persone, famiglie, corpi intermedi, l’introduzione di un Reddito di base consente anche di ricostruire dal basso il nuovo lavoro in maniera avanzata e sostenibile, favorendo la transizione ecologica e tecnologica. Si pensi solo al ruolo di apripista che potrebbero avere associazioni e diocesi, sparse sui territori, nella diffusione delle comunità energetiche e degli strumenti di produzione delle energie rinnovabili, dal basso, nel rispetto dei territori stessi e non con logiche speculative, come pure sta avvenendo. Spingere sulle rinnovabili risulterà grandemente utile anche a combattere la povertà energetica e rafforzare i cittadini. Se ne contano più di 5 milioni in povertà energetica.
Ripristino dei servizi essenziali in pienezza di efficienza
La tematica del reddito di base è strettamente connessa con quella dei servizi essenziali: in riferimento all’istruzione, perché dando sostegno a famiglie svantaggiate consente ai ragazzi di completare gli studi senza avere fretta di guadagnare; in riferimento alla salute, perché consente di curare meglio alimentazione e prevenzione, andando a procurare anche un risparmio nella spesa sanitaria; in riferimento al diritto all’accesso al lavoro qualificato, alla libera circolazione, alle pari opportunità e a tutti i diritti connessi al godimento della piena cittadinanza.
Pertanto chiediamo:
Investimenti robusti in scuola, formazione e ricerca. L’emergenza educativa ha un impatto sul PIL notevole, stimato in 48 miliardi. Inoltre ha un impatto sulla qualità delle vite di tutti noi. Bisogna combattere la povertà educativa, causa di disagio e della dispersione di tante energie. È necessario sostenere molto più incisivamente le famiglie negli obblighi educativi e formativi, sia per salvaguardare la disciplina necessaria nei rapporti di società che l’individualismo diffuso tende a indebolire, sia per frenare il calo demografico. Introdurre in tutti gli istituti di ogni ordine e grado professionisti della formazione, pedagoghi, sociologi e psicologi, per monitorare eventuali disagi ed evitare la dispersione scolastica esplicita e implicita. Diffondere a tappeto asili nido, uno ogni tot abitanti, anche nei comuni sotto i mille residenti. Rafforzare il sostegno nel pagamento delle rette per famiglie svantaggiate, in maniera crescente al calare dell’ISEE. Circoscrivere le attività didattiche tra ottobre e maggio, lasciando la scuola aperta da settembre a luglio, ogni giorno, esclusa la domenica e festivi, al termine delle attività didattiche per il tempo pieno, con personale qualificato per seguire i ragazzi nello svolgimento dei compiti assegnati, recupero lacune e altre attività con varie turnazioni, con impianti sportivi, audiovisivi, teatrali, spazi artistici, biblioteche, e altre attività alternative. Ridurre drasticamente il monte ore annuale con frequenza obbligatoria, fissare l’inizio delle lezioni a partire dall’orario mattutino ottimale indicato per l’avvio delle attività, incrementare gli anni e le materie: introdurre educazione fisica tutti i giorni all’aria aperta e nel verde, educazione civica con lo studio della Costituzione e dei trattati europei, educazione relazionale, educazione sanitaria, educazione ambientale, educazione digitale e tecnologica, educazione finanziaria, cultura e lingua locale (programmi a cura delle maggiori istituzioni culturali locali e delle Pro Loco del territorio). Potenziare orientamento, a partire dal 2° anno delle scuole medie, in collaborazione con gli enti dei successivi gradi di istruzione e formazione e con le imprese, presentando tutte le opzioni possibili sul territorio nazionale e tenere conto delle effettive condizioni psicofisiche e attitudinali emerse durante il percorso di ciascun allievo/a, lavorando al superamento dei condizionamenti culturali che scoraggiano l’approdo femminile alle materie tecnico-scientifiche.
Inoltre cospicue risorse vanno investite per università e ricerca scientifica e tecnologica e anche qui si rende necessaria una profonda riforma modernizzatrice improntata a criteri di efficienza e meritocrazia. Soprattutto dare all’intero percorso formativo un orientamento valoriale ben definito, imperniato sui principi della Costituzione Italiana e dei trattati fondamentali europei.
Per riformare profondamente e democraticamente la scuola sarebbe giusto e utile riunire gli stati generali dell’istruzione, che coinvolgano studenti, docenti, famiglie, pedagogisti, Psicologi, esperti di ogni campo, anche dell’orientamento.
Ripristinare e potenziare il servizio sanitario statale, ospedaliero e territoriale. Tagliare ogni forma di convenzione con privati solo formalmente senza scopo di lucro, che offrano remunerazioni sproporzionate rispetto alle strutture pubbliche. Scoraggiare la trasformazione dei rapporti dipendenti in rapporti di lavoro autonomo. Potenziare la ricerca e l’assistenza rispetto alle malattie invalidanti o potenzialmente tali, a partire da quelle più difficili da diagnosticare. Potenziare la prevenzione, soprattutto migliorando la salubrità degli ambienti di vita e di lavoro, abbattendo varie forme di inquinamento, da quello ambientale, atmosferico, acustico e di ogni altro tipo. Introdurre un approccio non punitivo nei riguardi dei pazienti consumatori di cannabis terapeutica e dei medici che lo prescrivono, di cui occorre incrementare il numero e la preparazione, oltre a potenziare la produzione, anziché vietarla.
Ripristinare e potenziare trasporto pubblico, reti idriche, fognarie in piena efficienza.
Procedere a un riassetto urbanistico per correggere le diseguaglianze, non solo nell’abitare, ma anche nel verde, nei servizi e nei luoghi di aggregazione e socialità, al contrasto a spopolamento, squilibri urbanistici e territoriali.Profittando dell’impatto dei cambiamenti climatici, favorire una crescita ordinata del turismo e spalmarlo opportunamente su tutto il territorio nazionale, redistribuendo i flussi e sostenendo l’offerta culturale delle aree interne, l’interscambio tra turismo termale e balneare con quello culturale nei territori che presentano siti di interesse. Dare al turismo il senso della consapevolezza culturale e del benessere profondo esistenziale e non consumistico, tutelando città d’arte e luoghi di interesse dallo sfruttamento dannoso e dall’”overtourism”.
In merito alla necessità di integrare Reddito di base e servizi essenziali segnaliamo l’interessante filone economico del Commonfare o welfare del benessere comune.
Appello alle istituzioni e alle forze politiche
Sappiamo bene che tali soluzioni non sono semplici da adottare, ma rifiutiamo la pretesa delle attuali classi dirigenti di dare a situazioni enormemente complesse e a sfide ardue, come quelle che ci troviamo davanti, risposte minimali, estremamente limitate e di corto respiro, come quelle finora adottate.
Chiediamo alle forze politiche di ridare centralità al Parlamento, anche perché il lavoro politico necessario a realizzare le riforme che servono al Paese richiede una maggioranza parlamentare a sostegno molto ampia, qualificata non solo nei numeri ma anche nel profilo, nello spessore, nelle competenze e nella capacità di lavoro a ritmo sostenuto, insieme a un governo di eccellenze, e serve un forte coordinamento, un lavoro di squadra in cui ciascun esponente della maggioranza faccia la propria parte in armonia con gli altri.
Per combattere l’astensionismo elettorale non ci si può limitare a riecheggiare ciò che chiedono militanti e simpatizzanti, bisogna piuttosto avere il coraggio di offrire a quegli elettori spariti dai radar ciò che non osano più sperare. Lo diciamo in particolare alle forze progressiste attualmente all’opposizione.
Facciamo appello al governo a considerare il Reddito di base, nelle forme da noi proposte. Tuttavia nella consapevolezza che l’attuale esecutivo non ritiene di dover tassare la ricchezza e ha priorità diverse da quelle che, nel nostro piccolo, poniamo con forza, richiamiamo in maniera pressante l’attenzione almeno sulla necessità di fornire aiuto concreto e immediato in particolare a coloro che sono finiti per strada (almeno €1.000 mensili) e ai ragazzi in età scolare di famiglie svantaggiate, vincolandolo alla frequenza scolastica regolare (minimo €700 mensili per ogni figlio). Ribadiamo che l’introduzione del Reddito di base può senz’altro avvenire in più tappe, a partire da chi sta peggio: i senza dimora, per prestare a costoro un soccorso immediato, restituendo diritti fondamentali e opportunità di reinclusione. L’ISTAT ne ha contati poco meno di centomila nel 2021, considerando quelli iscritti nelle anagrafi comunali per l’assistenza. Abbiamo calcolato che basterebbe uno stanziamento di un miliardo e mezzo, su una spesa pubblica complessiva da 1.000 miliardi. Dalla California fino a Londra sono molte le sperimentazioni di trasferimenti diretti e incondizionati di denaro ai senza dimora attuate con successo nel mondo.Si dovrebbe proseguire con i giovani in età scolare appartenenti a famiglie svantaggiate, per combattere sollecitamente la dispersione scolastica, garantire a ciascuno pari opportunità formative e di accesso a istruzione e cultura e dare concreta attuazione al principio stabilito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea per cui “Il lavoro minorile è vietato. L’età minima per l’ammissione al lavoro non può essere inferiore all’età in cui termina la scuola dell’obbligo, fatte salve le norme più favorevoli ai giovani ed eccettuate deroghe limitate. I giovani ammessi al lavoro devono beneficiare di condizioni di lavoro appropriate alla loro età ed essere protetti contro lo sfruttamento economico o contro ogni lavoro che possa minarne la sicurezza, la salute, lo sviluppo fisico, mentale, morale o sociale o che possa mettere a rischio la loro istruzione“. È stato anche messo in luce, da un recente studio, che la povertà educativa ha un peso enorme e che recuperare i giovani allo studio restituirebbe 48 miliardi di Prodotto interno lordo in Italia.
Successivamente si potrebbe estendere l’accredito alle donne in difficoltà, per sostenere le più vulnerabili e soggette a violenza di ogni tipo (fisica, psicologica o economica) e attuare il diritto alla genitorialità, per poi essere esteso gradualmente, di anno in anno, a fasce di popolazione sempre più ampie, fino a includere, come minimo, tutto il ceto medio, tutti coloro che negli ultimi trent’anni hanno perso potere d’acquisto.
Ribadiamo un ulteriore appello al governo affinché riunisca intorno a un tavolo i magnati dell’industria italiana più facoltosi, per responsabilizzarli rispetto alle tante emergenze che vive il paese, a cui essi, in molti casi, non sono affatto indifferenti, e sensibilizzarli all’eventualità di un contributo di solidarietà da concordare con le istituzioni politiche.
Rivolgiamo anche a comuni e regioni un forte appello a predisporre, nei limiti della fiscalità locale, erogazioni di Redditi di base a favore di senza dimora e ragazzi in età scolare (vincolandoli alla frequenza scolastica regolare), in attesa che provvedano in maniera più ampia ed efficace lo Stato e l’Unione Europea.
Reddito di base sostituto delle pensioni nel lungo termine
Riteniamo che il Reddito di base sia l’unico istituto capace di sostituire, nel lungo periodo, in maniera graduale e oculatamente programmata, il sistema pensionistico contributivo, per il quale non si vedono riforme bastanti a renderlo sostenibile, a causa delle dinamiche demografiche ed economiche sviluppatesi negli ultimi decenni, ormai irreversibili, e che di fatto scoraggia l’offerta di lavoro e la divisione dei carichi in un maggior numero di dipendenti con orari e periodi di lavoro ridotti.
Prendendo spunto da una novità positiva emersa negli ultimi anni, l’emendamento (respinto) alla legge di bilancio per lo scorso anno, proposto da AVS e votato da M5S e alcuni parlamentari PD, che proponeva un reddito di base integrativo fino a €1.500, finanziato con patrimoniale secondo la proposta Tax the rich, un monopolio statale sulla produzione di cannabis e tagli ai sussidi fossili, si potrebbe ipotizzare di integrare il sistema pensionistico contributivo, assegnando ai più sfortunati, a partire da 65 anni, un assegno supplementare o sostitutivo che consenta di percepire €1.500 anche a chi non avesse avuto la possibilità di versare contributi sufficienti.
In definitiva, immaginiamo la trasformazione dell’INPS in ente di erogazione del reddito di base e riassetto sistema pensionistico e assistenziale, anche in vista della tutela di persone fragili e caregiver, in considerazione dell’aspettativa di vita; l’ente di previdenza potrebbe stabilire uno stabile scambio di informazioni tra Agenzia Entrate, procure della Repubblica, Banca d’Italia, Poste Italiane, Cassa depositi e prestiti e altre istituzioni preposte alla gestione finanziaria dei risparmi e dei servizi ai cittadini.
Potenziare strumenti di democrazia diretta
Inoltre, se “La libertà è partecipazione” bisogna prendere atto che la partecipazione democratica dei cittadini sembra progressivamente venir meno, soprattutto in Italia, ma non solo, come evidenziano i tassi di astensionismo alle tornate elettorali politiche e amministrative degli ultimi tempi. A tal proposito, riteniamo fondamentali, oltre alle riforme suindicate, che potrebbero sanare milioni di situazioni di disagio, emarginazione e degrado e riavvicinare molti esclusi alla vita pubblica, quegli istituti che consentono ai cittadini di esprimersi in maniera più immediata e dar modo alle classi dirigenti e alle forze politiche di cogliere le indicazioni provenienti dall’elettorato, per poterlo meglio rappresentare.
Abbiamo accolto con gioia l’avvio della piattaforma digitale nazionale per le iniziative popolari, tenuta a battesimo dalla grande mobilitazione per il referendum contro l’autonomia differenziata, che ha raccolto in poche settimane più di 500 mila firme.
Chiediamo, pertanto, che vengano potenziati e garantiti gli strumenti già previsti di democrazia diretta nelle normative nazionale e comunitaria. Sulle Iniziative dei Cittadini Europei, in particolare, è necessario agire su tre livelli: introduzione di una piattaforma digitale europea con autenticazione una tantum che avverta ogni firmatario delle nuove ICE; creazione di organi di stampa a diffusione europea (a partire da collaborazioni già esistenti tra testate veterane con ampia diffusione) capaci di spiegarne il senso e l’utilità; formazione di reti di associazioni, sindacati e cittadini capaci di sensibilizzare a partecipare. Per creare una piattaforma digitale europea per le ICE è necessaria una riforma dei trattati che consenta alle istituzioni UE di gestire i dati sensibili dei cittadini europei. Attualmente l’identità anagrafica di ciascuno di noi è rigorosamente nazionale e la Commissione europea non può gestire le banche dati dei paesi membri. Quindi, per rafforzare la partecipazione democratica, serve una carta d’identità europea. Quello che chiediamo, in sintesi, è che la politica e l’economia siano conseguenti rispetto al progresso tecnologico, alle opportunità che offre e alle sfide che pone.
Reddito di base e attuazione dei diritti umani di ciascuno
Auspichiamo infine, che l’Italia e l’Europa facciano da apripista a un Reddito di base davvero universale, riconosciuto come diritto umano e inalienabile alla sussistenza, capace di eradicare, nel tempo, la povertà in ogni paese del mondo, affinché a nessuno sia dato, nei decenni a venire, di sperimentare la privazione dei diritti fondamentali alla piena libertà e cittadinanza e a una vita serena e dignitosa.
Chiediamo di eliminare ogni forma di spesa presso altri paesi per trattenere le migrazioni, violando i diritti umani, e il reimpiego dei fondi per favorire l’inserimento e l’integrazione dei rifugiati. Il Reddito di base deve avere anche la funzione di sollevare gli enti di assistenza dalla cura dei poveri residenti in patria, in modo che possano dedicare i loro mezzi alla presa in carico dei migranti. Esprimiamo l’auspicio che in Palestina cessino la strage, l’occupazione e gli insediamenti israeliani in Cisgiordania, si concretizzi la soluzione di due popoli in due stati, nei confini stabiliti dagli accordi internazionali originari, e proponiamo un Reddito di base alla popolazione palestinese, a partire da quella della Striscia di Gaza, a carico dello Stato di Israele e della comunità internazionale, per sostenere la ricostruzione e impedire che Hamas possa continuare a reclutare nuovi affiliati facendo leva su odio e disperazione, come finora avvenuto, mettendo da parte ogni ipotesi scellerata di ricollocazione del popolo palestinese. Stesso discorso è da applicare, laddove possibile, ai Paesi ancora sconvolti da odio intraetnico e terrorismo.
Solo il ripristino dei diritti essenziali a ogni essere umano e a ogni popolo della Terra e una vita serena e dignitosa per ciascuno garantirà una pace stabile e duratura per tutti.
§§§
Proposta introduzione Reddito di base in Italia – Associazione RED-Reddito Europa Diritti Aps
L’associazione RED Reddito Europa Diritti chiede l’introduzione di un Reddito di base incondizionato, individuale, integralmente sommabile al reddito da lavoro o a proprietà e cumulabile in famiglia, di natura distributiva, esclusivamente in moneta a corso legale (euro) secondo il seguente schema:
• Assegno compreso tra una forbice di €500/700 mensili, da 18 a 55 anni, rigorosamente individuali, a titolo incondizionato, integralmente cumulabili con reddito da lavoro e/o da proprietà personali e familiari;
• Assegno compreso tra una forbice di €800/1.000 mensili, da 55 anni in su e per soggetti fragili, anche solo parzialmente invalidi , sia abili che inabili al lavoro, rigorosamente individuali, a titolo incondizionato, integralmente cumulabili con reddito da lavoro e/o da proprietà personali e familiari;
• Bonus figli di €300 per ogni figlio da 0 a 11 anni, senza limiti al numero dei figli, di €700 da 12 a 18 anni vincolato alla regolare frequenza scolastica, integralmente cumulabile con reddito da lavoro e/o da proprietà familiari e redditi di base dei genitori;
• Destinatari: tutti i cittadini italiani, stranieri residenti regolarmente, rifugiati, compresi senza fissa dimora con residenza fittizia e a partire da questi. Si inizia a erogare il trasferimento ai soggetti più deboli, secondo una soglia di reddito da stabilire secondo le coperture disponibili, ma tale da coprire da subito tutta la platea della povertà assoluta, calcolata dall’ISTAT in 5,7 milioni di persone, di cui 1,3 milioni minori; successivamente va esteso alla platea della povertà relativa, stimata intorno a 8,5 milioni di persone, poi al ceto medio, infine a tutti, anche ai più benestanti.Il testo di legge istitutivo del Reddito di base dovrebbe prevedere una tempistica precisa, indicando la platea da coprire per ogni step, completa di numero di persone da raggiungere, somme da erogare, coperture finanziarie e modalità di erogazione (esempio: a partire dal 2027 l’assegno viene erogato ai soggetti individuati in condizione di povertà assoluta, secondo i criteri previsti dall’ISTAT, calcolati nel numero di 5,7 milioni, con dette coperture disponibili… a partire dal 2028 l’assegno viene erogato ai soggetti individuati in condizione di povertà relativa, secondo i criteri previsti dall’ente di ricerca, calcolati nel numero di 8,5 milioni ecc.).
• Coperture suggerite:
1) taglio dei sussidi fossili e ad attività ambientalmente dannose;
2) taglio di agevolazioni fiscali che comportano vantaggi alle fasce di popolazione già benestanti ;
3) taglio di bonus a pioggia e incentivi alle imprese;
4) prelievo sulla rendita, i capitali e i patrimoni plurimiliardari e plurimilionari ;
5) Riordino fiscale con incremento dell’IVA sui beni di lusso, con tassazione mirata su attività e prodotti da scoraggiare (carbon tax , plastic tax, sugar tax, IVA maggiorata su prodotti e alimenti dannosi per la salute, l’ambiente e il clima), da compensare (robot tax, AI tax, in caso di sostituzione di manodopera umana, Tobin tax da mantenere e anzi potenziare), o da remunerare (digital tax);
6) recupero somme da economia sommersa, spingendo ulteriormente l’uso di pagamenti tracciati e sistemi informatici di incrocio dati per contrastare evasione ed elusione, rendendo più semplice ed efficiente il sistema tributario nel suo complesso, evitando l’accanimento su soggetti deboli;
7) monopolio statale cannabis.
È esclusa dalle coperture ogni ipotesi di aumento del debito pubblico, che, al contrario, va ridotto al più presto per risparmiare le spese sugli interessi.
• Ente erogatore e deputato all’individuazione dei destinatari: INPS, in collaborazione e sinergia con enti locali, servizi sociali, istituti assistenziali, terzo settore, con il coinvolgimento delle Procure della Repubblica, per escludere affiliati ad associazioni criminali. Nessuna possibilità di fare domanda, ma solo segnalazioni ai servizi sociali. Se l’ente erogatore commette errori per eccesso non può rivalersi su soggetti riconosciuti deboli.L’istituto per la previdenza avrà il compito di raggiungere con ogni mezzo disponibile il numero di persone stimate come potenziali beneficiarie, fornendo il numero dei destinatari individuati, con cadenza annuale.L’INPS definirà un bilancio ad hoc della misura del reddito di base, in cui verranno contabilizzate le fonti dei finanziamenti e le voci di spesa. Tale bilancio sarà tenuto distinto e separato da quello dell’attuale gestione previdenziale. Inoltre, verrà istituito un gruppo di ricerca per il monitoraggio della misura e l’analisi degli effetti sul piano economico e sociale.
Viene applicata l’IRPEF sull’accredito del RBI, in quanto misura distributiva e non assistenziale, e con essa anche la destinazione dell’otto per mille da devolvere agli enti religiosi, il cinque per mille alle associazioni e il due per mille destinato alle forze politiche.
Unica condizionalità richiesta è la disponibilità dei beneficiari a colloqui periodici su chiamata, in presenza, da parte di enti preposti e qualificati (assistenti sociali, sindacalisti, patronati, volontari abilitati in centri di ascolto e altro personale formato), per raccontare la propria esperienza di vita, i motivi per i quali ci si è ritrovati in difficoltà, far emergere eventuali problemi di salute fisica o mentale non adeguatamente curati, eventuali situazioni di violenza domestica, disagio di qualunque tipo e quali sono o sarebbero le attività svolte o che si vorrebbe svolgere per rendersi utili alla società, in modo da fornire ulteriore ausilio al reinserimento (in caso di disoccupazione o inattività) e, con l’archiviazione in forma anonima delle testimonianze fornite, ulteriore materiale di indagine per esperti e ricercatori nei campi sociologico, economico, storico e simili. Tale materiale con le riflessioni scaturite in ogni ambito disciplinare, sarà oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore per estendere la misura a fasce di reddito superiori a quella più svantaggiata nei tempi e nei modi più opportuni. Dopo il colloquio di primo accesso, il beneficiario ha diritto a scegliere la sede, l’ente o l’organizzazione abilitata in cui tenere i colloqui successivi, nell’ambito del territorio nazionale.
§§§
REDDITO E SERVIZI DI BASE – Manifesto RED 2024
“Non v’è nulla di più difficile da realizzare, né di più incerto esito, che iniziare un nuovo ordine di cose. Perché il riformatore ha nemici tra tutti quelli che traggono profitto dal vecchio ordine, e solo tiepidi difensori in tutti quelli che dovrebbero trarre profitto dal nuovo”. Niccolò Machiavelli
Noi sostenitori del Reddito di Base Incondizionato (RBI) riuniti nell’associazione RED Reddito Europa Diritti Aps
chiediamo
alle istituzioni della Repubblica Italiana e dell’Unione Europea l’introduzione di riforme, che diano vita a un nuovo sistema socio-economico, fondato su:
RETRIBUZIONE MINIMA
UNIONE FISCALE EUROPEA A CARATTERE PROGRESSIVO, CON PRELIEVO MAGGIORATO SU RENDITE, CONSUMI E ATTIVITÀ SVANTAGGIOSE PER LA COLLETTIVITÀ
ORARI E PERIODI DI LAVORO DRASTICAMENTE RIDOTTI
REDDITO DI BASE INCONDIZIONATO
- per rimettere al centro della politica la persona, in armonia con la natura;
- per dare attuazione concreta alla Costituzione italiana, ai trattati e ai principi ispiratori dell’Unione Europea e alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo;
- per consolidare la coesione sociale e la tenuta democratica delle istituzioni nazionali;
- per mitigare l’emorragia emigratoria e il tracollo demografico che mettono a rischio il futuro del nostro paese;
- per ridurre l’impatto delle diseguaglianze;
- per restituire potere d’acquisto ai ceti medi e più deboli, penalizzati, negli ultimi decenni, dai meccanismi naturali di accumulo di ricchezza a detrimento della metà della popolazione meno forte, tipici del sistema capitalistico neoliberista;
- per restituire piena libertà e capacità di autodeterminazione, pieno sviluppo della personalità, serenità economica e opportunità attualmente conculcate a larghi strati della popolazione italiana ed europea, come evidenziano tutte le statistiche e gli studi in merito disponibili, con decine di milioni di persone in povertà assoluta e relativa o a rischio povertà, divari territoriali sempre più stridenti, situazioni ancora diffuse di degrado, abbandono scolastico, pervasività criminale, voto di scambio e clientelare, con intere generazioni che nascono e crescono in contesti di deprivazione di diritti essenziali e non saranno, perciò, disposte ad assolvere ai doveri civici e sociali di onestà, solidarietà e operosità;
- per restituire a ciascuno l’accesso al tempo libero vissuto in pienezza, alla vita di relazione, spirituale e associativa, alla libera circolazione, all’ambiente naturale e ai paesaggi, ai beni culturali, all’arte, al godimento e all’espressione della bellezza e dell’armonia del cosmo e delle altezze e profondità dell’umano genio.
A fronte della situazione
•di povertà assoluta che riguarda 5,6 milioni di persone in Italia (1,3 milioni minori), di cui 2 milioni e 613mila in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale,
•di povertà relativa che riguarda 8,6 milioni,
•della difficoltà per tantissimi di accedere finanche all’elementare diritto a una casa,
•dei dati relativi alle percentuali di occupazione in Italia, attestate a non oltre il 62% (62,1% ultimo record stimato dall’OCSE, 9 luglio 2024) dalla fine degli anni ’70 (ISTAT),
•del numero di lavoratori poveri, che si aggirerebbe intorno ai 3 milioni, riguardo alla Costituzione della Repubblica Italiana, chiediamo in particolare il rispetto:
Dei principi della democrazia e sovranità popolare (art.1), vanificati e inficiati dalle insopportabili diseguaglianze di mezzi e di opportunità e dal mancato accesso al lavoro, su cui la Repubblica stessa è fondata, per una parte cospicua della popolazione attiva;
Dei “diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e […] l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art. 2);
Della “pari dignità sociale e [uguaglianza] davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”(art. 3);
Dell’impegno della Repubblica a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3);
Del diritto-dovere “di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” (art. 4);
Del diritto riconosciuto “ai non abbienti, con appositi istituti, [de]i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione” (art. 24);
Dell’impegno della Repubblica ad agevolare “con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose” e proteggere “la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”. (art. 31);
Dell’impegno della Repubblica a tutelare “la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e [garantire] cure gratuite agli indigenti” (art. 32);
Del diritto dei “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi”, a “raggiungere i gradi più alti degli studi”, andando oltre misure come “borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”, che si sono rivelate del tutto insufficienti e inadeguate allo scopo (art. 34).
Ricordiamo che:
“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi” (art. 36);
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. […]
“Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. […] Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato” (art. 38).
“L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali” (art. 41).
“La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità” (art. 42).
“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività” (art. 53).
Chiediamo si prenda atto che, a 75 anni dalla promulgazione della Costituzione, le misure mirate, messe finora in campo, non sono state sufficienti a dare concreta attuazione ai principi ispiratori su cui è fondata la Repubblica Italiana nata dalla Resistenza, con grave danno per milioni di persone che vivono situazioni di estremo disagio e sofferenza, ma anche per il Paese nel suo complesso, che vive una profonda crisi e guarda con grande incertezza al proprio futuro.
Inoltre, in considerazione delle rilevazioni Eurostat che segnalano, anche nel 2023, nell’UE, circa 95 milioni di persone a rischio di povertà o esclusione sociale, pari al 21% della popolazione totale, di cui 28,7 milioni in grave deprivazione materiale e sociale (2022), e riguardo ai principi sanciti dai trattati europei, ricordiamo come le istituzioni europee nel loro complesso e nella loro lunga storia ed evoluzione, dal dopoguerra ad oggi, abbiano, di trattato in trattato, di provvedimento in provvedimento, affinato la sensibilità e la concezione dei diritti umani, a partire dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950, alla Carta sociale europea del 1996 (redatta nel 1961, riveduta nel 1996, entrata in vigore nel 1999), alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000, entrata in vigore nel 2009 e giuridicamente vincolante per tutti gli stati membri, fino ai nostri giorni, in cui sperimentiamo, come per la Costituzione italiana, da un lato l’ambizione e il desiderio di toccare vette sempre più alte di civiltà e qualità della vita, dall’altro i fallimenti delle misure poste in essere per attuare questi principi, che sono nel DNA dell’Europa.
Lo ribadiamo, la pretesa di risolvere il problema della povertà col lavoro si è infranta contro la dura realtà degli ultimi trent’anni e appare del tutto illusorio credere che il numero degli occupati possa salire ora, nel contesto di un uso sempre più massiccio di dispositivi elettronici, robotici e di intelligenza artificiale in ogni ambito.
A questo proposito aggiungiamo un dato significativo: il tasso di occupazione della Regione Lombardia ha raggiunto quota 70,2%, il valore massimo della serie storica (dato Unioncamere 2023), in linea con la media OCSE, purtuttavia la Caritas Ambrosiana, usando la metafora del “pavimento appiccicoso”, ha denunciato in maniera chiara e inequivocabile che anche nella regione italiana più ricca e dinamica il povero è figlio di poveri che trasmettono il proprio svantaggio di generazione in generazione senza scampo.
La retorica del lavoro e della dignità, finora, non ha garantito né lavoro, né dignità. Chiediamo si passi dalla retorica alla concretezza di questi diritti fondamentali e di tutti gli altri.
Se da un lato prendiamo atto con favore che da più parti, in questi mesi, si è affermato quanto sia necessario rimettere al centro la persona e il bene comune (prendiamo ad esempio tra i tanti interventi quello del gruppo di autorevoli esponenti del mondo cattolico nel lavoro collettaneo Piano B), dall’altro lato avvertiamo un senso di allarme nel vedere, nonostante tutto, sottovalutata una situazione che Papa Francesco e il presidente della CEI Card. Zuppi hanno a più riprese definito “scandalosa”.
La situazione di disagio di larghi strati della popolazione italiana era allarmante già anni fa e ora non fa che peggiorare ulteriormente e degenerare.
Chiediamo si chiarisca che la dignità di ogni essere umano viene dalla capacità di vivere in armonia con gli altri e con la natura, dal rispetto del prossimo e delle regole della convivenza in società e dalla capacità di mettere a frutto i talenti di cui è dotato, rendendosi utile agli altri ogni giorno, a prescindere dalla remunerazione offerta da un mercato del lavoro disfunzionale, distopico e iniquo, come quello attuale. Prova ne sia la situazione catastrofica di tante finte partite Iva, a partire dai lavoratori della cultura.
Le misure mirate attualmente previste, sono del tutto inadeguate ai bisogni reali, alla piena attuazione dei diritti fondamentali legalmente sanciti, al buon funzionamento dell’economia e della società. Esse sono il risultato di un approccio gravemente datato, irragionevole, totalmente slegato dalla realtà e dai criteri di efficienza da cui le moderne comunità politiche non possono e non avrebbero dovuto mai prescindere.
Chiediamo di andare oltre gli orizzonti del reddito minimo garantito, con l’introduzione del RBI, che consentirebbe l’attuazione concreta di quei principi ispiratori della Costituzione italiana e dei trattati europei nel modo più semplice, consentendo di approdare a un nuovo sistema socio-economico che tenga conto degli epocali mutamenti in atto.
Chiediamo si chiuda per sempre con la falsa propaganda del RBI che scoraggerebbe il lavoro: è vero il contrario. Le sperimentazioni attuate nel mondo dicono chiaramente che il RBI non scoraggia affatto il lavoro e nella stessa Italia, lo ha affermato l’ISTAT, si è avuto, al contrario, un balzo del tasso di occupazione, dal 59% del 2019 al 60%, che non si vedeva dal 1977, nel 2022, e addirittura al 61% del 2023, in precisa corrispondenza con l’attuazione del tanto disprezzato Reddito di Cittadinanza. Come potrebbe scoraggiare il lavoro un accredito di una somma cumulabile col reddito da remunerazione?
In una comunità politica moderna non può essere il pregiudizio a determinare l’azione di governo, ma piuttosto la conoscenza, la consapevolezza, il senso di responsabilità verso il bene comune e l’interesse collettivo, l’approccio lucido, logico e razionale.
Chiediamo si chiuda per sempre l’era
•dei sussidi di disoccupazione o di povertà che non raggiungono tutti gli aventi diritto (e bisogno), che rappresentano alternative povere al lavoro povero e quindi delle autentiche trappole della miseria,
•delle borse di studio per meritevoli in perenne ritardo e da restituire alla prima defaillance,
•degli assegni di invalidità e accompagnamento, ridotti ai minimi termini e lesinati con ogni mezzo dallo Stato agli aventi diritto,
•dei bonus a pioggia accaparrati dagli “specialisti della domanda”,
•delle misure a sostegno delle famiglie gravemente insufficienti.
Chiediamo, insomma, la fine di tutte le misure mirate e la loro sostituzione con un’unica misura di contrasto alle diseguaglianze e riequilibrio nella distribuzione della ricchezza e delle opportunità.
Chiediamo si giunga alla consapevolezza che solo il RBI può contribuire in maniera efficace all’adempimento concreto dei principi di uguaglianza, solidarietà, del diritto al pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione democratica dei cittadini.
Il RBI che chiediamo è un’erogazione mensile di una somma in moneta a corso legale (euro) da parte della comunità politica, individuale, vita natural durante, a tutti i residenti sul territorio nazionale/comunitario in maniera incondizionata, senza alcuna contropartita e senza controllo delle risorse. Tale erogazione deve essere sostenibile e finanziata dalla fiscalità generale, senza comportare ulteriore debito pubblico, né conseguenze economiche svantaggiose per la collettività (inflazione). Pertanto andrà inizialmente destinata a una platea più circoscritta, a partire dai più disagiati, con un piano pluriennale che estenda la platea dei destinatari con criteri di progressività, secondo le coperture finanziarie disponibili, fino al ceto medio e in ultimo ai ceti abbienti. Tale misura è da considerarsi meramente distributiva, non assistenziale, dunque non deve avere nulla a che vedere con le politiche di inclusione al lavoro.
Siamo certi che solo con un RBI si tradurrebbe in realtà il diritto al lavoro per tutti, come svolgimento, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, di un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società e solo con esso sarebbe davvero garantita a tutti la libertà di iniziativa e impresa.
Solo con un RBI si riuscirebbe a superare la grave deprivazione che impedisce uno sviluppo armonico, sano e ordinato di interi territori per intere generazioni, sottraendo, di fatto, a molti l’accesso a una formazione sufficiente a rendere l’individuo capace di essere cittadino in piena consapevolezza e padronanza dei diritti e doveri e di lavorare, nell’ambito di un’economia estremamente avanzata, come quella attuale.
Solo con un RBI sarebbe possibile prevenire e combattere piaghe come la delinquenza indotta o favorita dalla necessità e fenomeni devastanti come l’usura.
Il RBI avrebbe un’ampia molteplicità di effetti benefici nella vita delle persone, delle famiglie, della società e dell’economia, spingerebbe la domanda aggregata, con essa la crescita, l’occupazione e il gettito fiscale, consentendo di ridurre considerevolmente il debito pubblico e la maggiore offerta di servizi ai cittadini, creando nuovo lavoro meglio remunerato.
Siamo convinti che solo per mezzo del RBI, unito al rafforzamento della sanità pubblica, del sistema formativo scolastico e accademico e degli altri istituti previsti per i servizi ai cittadini, ottimizzando e razionalizzando la spesa pubblica, eliminando ogni sorta di sprechi e dispersioni, sarebbe possibile dare attuazione ai principi espressi negli articoli sopra elencati e la giusta remunerazione ai tanti lavori grandemente utili alla società ma non retribuiti, dalla cura dei familiari minori, anziani, invalidi, al volontariato sociale, culturale o di altro tipo, alla libera ricerca nel campo scientifico o umanistico e ad ogni attività o funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Affermiamo a tal proposito che il lavoro cui fa riferimento la Costituzione non è necessariamente quello retribuito, dunque legato al mercato del lavoro, tantomeno quello attuale, lo ripetiamo, disfunzionale, distopico e iniquo, ben diverso dal mercato del lavoro della seconda metà del secolo scorso. Ricordiamo che all’epoca della stesura della Costituzione italiana la donna casalinga, impegnata nella cura della dimora e della famiglia del lavoratore, era considerata a tutti gli effetti lavoratrice con piena dignità e riconoscimento sociale.
Alle istituzioni europee che richiedono il rientro dal debito pubblico in tempi brevi e a tappe forzate diciamo schiettamente che riconosciamo in pieno la necessità e l’urgenza di farlo, ma che potremmo agevolmente ridurlo nei tempi richiesti tassando la grande ricchezza e con una lotta senza quartiere all’economia sommersa.
Non è facile farlo per l’esistenza di regimi fiscali di favore nella stessa Europa oltre che nel resto del mondo, una logica a cui purtroppo la stessa Italia si è tristemente adeguata, con l’introduzione della cosiddetta flat tax per stranieri, ovvero l’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero, realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia. Da questa misura il paese non trae, peraltro, vantaggi concreti, al contrario, essa ha creato una concentrazione di facoltosi acquirenti nella città di Milano, andando così a squilibrarne pesantemente il mercato immobiliare, a danno dei milanesi.
Senza l’unificazione dei regimi fiscali europei e una lotta senza quartiere contro i paradisi fiscali che l’Ue potrebbe e saprebbe fare, a nostro avviso, non si va lontano.
In Italia non è rimasto granché da tagliare alla spesa pubblica. Un approccio razionale avrebbe dovuto suggerire un cambio di metodo, a fronte dell’aumento continuo del debito pubblico, giunto a sfiorare i 3 mila miliardi di euro, in corrispondenza dei continui tagli ai servizi essenziali.
Così non è stato negli ultimi decenni, a partire dalla lotta alle diseguaglianze omessa per il presupposto falso, sterilmente moralistico e sbagliato che non sarebbe giusto dare soldi in cambio di nulla.
Così non è stato con la gestione di economia e servizi ai cittadini, con tagli scriteriati a scuola, sanità, trasporti, ordine pubblico, per produrre un avanzo primario puntualmente ingoiato dagli interessi sul debito, perché i tagli ai servizi impediscono la crescita che consentirebbe di ridurlo.
Così non è stato col disastro infrastrutturale che vede le reti idriche disperdere acqua potabile sempre più scarsa soprattutto al Sud, con la Sicilia e altre aree del paese a rischio desertificazione e reti ferroviarie del tutto insufficienti, costantemente soggette a guasti, con pesanti disagi per i viaggiatori quasi ogni giorno. Per non parlare del dissesto idrogeologico, risultato della incapacità di gestione del territorio.
È necessario scommettere seriamente su soluzioni radicali, come quelle che proponiamo, che non sono un libro dei sogni, come qualche improvvido opinionista potrebbe commentare, bensì l’essenziale, da ripristinare con urgenza.
Lo Stato deve tracciare un elenco ordinato delle spese da sostenere nell’interesse del paese e poi, sulla base delle esigenze di spesa, trovare i fondi tramite tassazione e altre entrate stabili, che non creino debito e non generino danno.
È necessario rimettere al centro l’interesse collettivo in luogo degli interessi delle categorie forti, che spesso assorbono risorse in maniera sterile e improduttiva.
I danni arrecati dall’indebolimento dei servizi pubblici sono sotto gli occhi di tutti, mentre permane un’economia sommersa di dimensioni gigantesche. Chiediamo alle istituzioni nazionali e comunitarie un maggiore e più incisivo impegno nel recupero di masse monetarie e di beni accumulati in maniera incontrollata da parte di pochi soggetti a detrimento della comunità civile, a partire da quelli di origine illecita, con particolare riferimento alle immense fortune delle organizzazioni criminali di stampo mafioso.
Riteniamo ineludibile e non più procrastinabile un intervento incisivo contro gli egoismi personali, familiari, societari, aziendali e di categoria, che vanno a detrimento della comunità civile e del bene comune e contro gli intrecci perversi tra economia legale e capitali di origine criminale, siano essi frutto di attività illecite o di mera evasione o elusione fiscale.
Gli strumenti moderni di intelligenza artificiale e recenti dispositivi di accertamento e incrocio tra banche dati del sistema creditizio e dell’Agenzia delle Entrate rappresentano un significativo passo avanti nella direzione giusta. Se tali strumenti saranno potenziati da soglie per l’uso del contante sempre più basse e altri provvedimenti tesi ad aggredire l’economia sommersa e a ridurre ai minimi termini i margini di azione dei soggetti che hanno finora fatto impresa in nero, dato lavoro in nero e smaltito scorie in nero, inquinando il territorio, la riduzione drastica di tali danni arrecherà benefici immensi a territori e popolazioni.
I promettenti progressi tecnologici e scientifici, che vanno dell’automazione all’intelligenza artificiale, porteranno anche e soprattutto a ulteriori riduzioni del carico di lavoro per gli esseri umani, rivelando come fondata e realizzabile la “profezia” dell’economista John Maynard Keynes che prevedeva nel 2030 un orario settimanale di lavoro di 15 ore. Riteniamo altresì che i proventi di tali prodigiosi mezzi debbano essere distribuiti attraverso gli strumenti indicati, per restituire opportunità di vita e realizzazione a tutti, evitando che molti restino indietro o esclusi come avviene ancor oggi.
Ciò consentirà anche di spezzare il circolo vizioso che porta a consumi compulsivi per compensare la fatica e i sacrifici imposti da ritmi di lavoro che non hanno più giustificazione nella necessità di produrre ricchezza, visto che la ricchezza è prodotta anche in eccesso grazie ai progressi tecnologici. La necessità semmai è opposta: ridurre il lavoro e i consumi materiali per renderli sostenibili ambientalmente, sia dal punto di vista dell’inquinamento, sia dal punto di vista del riscaldamento globale, che vanno entrambi drasticamente ridotti e non a spese dei comuni cittadini, ma piuttosto a partire da quelle classi privilegiate e più benestanti che ne sono maggiormente responsabili.
Nel dibattito internazionale sulla lotta alla povertà, al consumo eccessivo delle risorse e ai cambiamenti climatici va segnalato il filone della decrescita, sul quale non ci addentriamo, limitandoci a rimarcare recenti autorevoli prese di posizione in tal senso, anche in sede ONU, nonché il fatto che i movimenti per la decrescita siano fortemente a favore del RBI, come ausilio indispensabile al contrasto al consumo eccessivo di risorse, ai disastri ambientali da inquinamento o alterazione del clima.
I danni alla vita, alla salute fisica e mentale e alla fertilità umana arrecati da tali disastri si ripercuotono su tutta la popolazione, a partire dai più poveri. L’OMS stima che circa 1,4 milioni di persone nella Regione europea muoiano ogni anno a causa di fattori di rischio ambientali e che quasi la metà di queste morti evitabili può essere attribuita al solo inquinamento atmosferico. Ma vi sono infinite altre forme di avvelenamento diffuso e accertato, che sarebbe troppo lungo elencare qui.
Dunque sarebbe giusto e urgente iniziare a indennizzare le fasce più deboli colpite da un lato da calamità naturali sempre più frequenti e distruttive e dall’altro dall’aumento di infertilità, malformazioni e svariate malattie e sindromi patologiche talora misconosciute che, a causa della mancanza di mezzi e di adeguate informazioni, restano non di rado non solo non curate, ma neppure diagnosticate.
In merito a quest’ultimo punto sottolineiamo la necessità assoluta e impellente di accelerare gli adeguamenti ai criteri di sostenibilità ambientale di ogni tipo di dinamica individuale, familiare, collettiva e imprenditoriale, facendo in modo che i costi della transizione ecologica non ricadano sui più deboli.
Per raggiungere tutti questi obiettivi PROPONIAMO:
Retribuzione minima legale, espressamente stabilita in Italia e in ogni paese membro Ue, sia per i lavoratori dipendenti che per quelli autonomi, con particolare riguardo per le attività usuranti.
Adozione di orari e periodi di lavoro ridotti, con l’obiettivo di fissarli, nell’immediato, in linea di massima, a 24 ore settimanali (con l’obiettivo di scendere ulteriormente a 15 non appena ve ne saranno le condizioni), per 10 mesi, con varie turnazioni per lavoratori e professionisti, in modo da garantire a tutti l’offerta di beni e servizi in ogni periodo, l’accesso a un impiego, ferie sufficienti al riposo, allo svago, agli interessi sportivi o culturali, e distribuite a scelta in diversi periodi dell’anno.
Unificazione dei regimi fiscali dei 27 paesi membri Ue, sulla base di una riforma complessiva, ordinata, organica e rigorosamente impostata su criteri di progressività, che vada a potenziare e riordinare, appunto, in senso progressivo il prelievo sul consumo, a detassare la produzione (soprattutto se sostenibile ed equa) e a riequilibrare, rispetto alla tassazione sul lavoro, il prelievo sulla rendita, i capitali e i patrimoni plurimiliardari e plurimilionari, oltre a introdurre, previ eventuali accordi necessari in sede OCSE, o integrare tassazioni mirate su attività e prodotti da scoraggiare (carbon tax, plastic tax, sugar tax, IVA maggiorata su prodotti e alimenti dannosi per la salute, l’ambiente e il clima), da compensare (robot tax, AI tax, in caso di sostituzione di manodopera umana, Tobin tax da mantenere e anzi potenziare), o da remunerare (digital tax) e spingendo ulteriormente l’uso di pagamenti tracciati e sistemi informatici di incrocio dati per contrastare evasione ed elusione e rendere più semplice ed efficiente il sistema tributario nel suo complesso; introduzione del divieto di salvataggio bancario a seguito di operazioni basate su azzardo morale, per combattere il parassitismo finanziario della speculazione; robusta riduzione del debito pubblico che consentirà di recuperare decine di miliardi di interessi; ottimizzazione della spesa pubblica, tagliando i veri sprechi, gli incentivi alle imprese sotto forma di detrazioni fiscali, affinché i soldi dei contribuenti siano diretti all’offerta dei servizi essenziali ai cittadini e residenti, fermo restando il principio di sussidiarietà, laddove lo Stato può ottenere un consistente risparmio finanziando con modesti contributi un privato senza scopo di lucro (effettivo, non meramente formale, dunque con divieto di pagare stipendi superiori a quelli del comparto pubblico); eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi, inquinanti e climalteranti, da quelli agli allevamenti intensivi a quelli alle attività fossili; contrasto all’economia sommersa di tipo chirurgico, che non comporti oppressione fiscale ed eviti la selezione naturale dei più ricchi e attrezzati a superare ostacoli burocratici; riforma del catasto equa, tenendo conto del reale valore di mercato degli immobili alla luce delle nuove (opportune) regole europee sull’adeguamento termico e sulla reale capacità fiscale di chi li abita, per non peggiorare ulteriormente la già grave emergenza abitativa.
Infine, nell’ottica della razionalizzazione della spesa pubblica e della necessità di una sempre maggiore integrazione europea, segnaliamo che in assenza di una difesa comune europea (il primo progetto, lo ricordiamo, fu promosso con determinazione da Alcide De Gasperi e affossato poco dopo la sua morte nell’agosto del 1954, esattamente settant’anni fa), capace di ottimizzare le risorse e contenere al massimo le spese militari, che a fronte delle recenti richieste NATO rappresenterebbero un onere insostenibile per il bilancio pubblico soprattutto italiano, si rende oggi necessario uno stretto coordinamento tra le forze armate UE per definire risorse e strategie di sicurezza comuni che non escludano comunque a priori un deciso impegno diplomatico. Come è stato da più parti osservato, un riarmo caotico senza coordinamento risulterebbe inutilmente dispendioso, sottrarrebbe risorse da dedicare urgentemente ad altri scopi e non determinerebbe davvero una maggiore capacità di difesa; non darebbe altresì valore aggiunto economico e andrebbe soprattutto in contraddizione con la vocazione di mediazione diplomatica europea e con la sensibilità popolare sfavorevole a impegni militari che non rappresentino una minaccia diretta.
Reddito di Base Incondizionato, un accredito mensile, vita natural durante, individuale, a partire dai 12 anni, fissato ogni anno in base alla soglia di povertà, erogato dallo Stato in ciascuno dei paesi membri Ue, senza che ne venga fatta domanda, cumulabile con il reddito da lavoro e con la rendita di piccola entità, da cui siano esclusi solo i colpevoli di reati gravissimi (appartenenti alle organizzazioni criminali), individuati dalla magistratura e dalle forze dell’ordine, e i detenuti.
Aggiungiamo che il RBI non andrebbe finanziato mediante le imposte sui redditi, che devono rimanere la fonte di finanziamento della sanità pubblica, dell’istruzione, dell’assistenza sociale, della giustizia, dell’ordine pubblico, dei trasporti, dell’amministrazione e di tutti i servizi ai cittadini che uno stato efficiente deve garantire in pienezza.
La tematica del reddito di base è strettamente connessa con quella dei servizi essenziali: in riferimento all’istruzione, perché dando sostegno a famiglie svantaggiate consente ai ragazzi di completare gli studi senza avere fretta di guadagnare; in riferimento alla salute, perché consente di curare meglio alimentazione e prevenzione, andando a procurare anche un risparmio nella spesa sanitaria; in riferimento al diritto all’accesso al lavoro qualificato, alla libera circolazione, alle pari opportunità e a tutti i diritti connessi al godimento della piena cittadinanza.
Pertanto chiediamo
Investimenti robusti in scuola, formazione e ricerca. L’emergenza educativa sembra non avere un impatto sul PIL, ma in realtà questo impatto esiste ed è notevole. Inoltre ha un impatto sulla qualità delle vite di tutti noi. Bisogna combattere la povertà educativa, causa di disagio e della dispersione di tante energie. È necessario sostenere molto più incisivamente le famiglie negli obblighi educativi e formativi, sia per salvaguardare la disciplina necessaria nei rapporti di società che l’individualismo diffuso tende a indebolire, sia per frenare il calo demografico. Introdurre in tutti gli istituti di ogni ordine e grado professionisti della formazione, pedagoghi, sociologi e psicologi, per monitorare eventuali disagi ed evitare la dispersione scolastica esplicita e implicita.
Diffondere a tappeto asili nido, uno ogni tot abitanti, anche nei comuni sotto i mille residenti. Rafforzare il sostegno nel pagamento delle rette per famiglie svantaggiate, in maniera crescente al calare dell’isee.
Circoscrivere le attività didattiche tra ottobre e maggio, lasciando la scuola aperta da settembre a luglio, ogni giorno, esclusa la domenica e festivi, al termine delle attività didattiche per il tempo pieno, con personale qualificato per seguire i ragazzi nello svolgimento dei compiti assegnati, recupero lacune e altre attività con varie turnazioni, con impianti sportivi, audiovisivi, teatrali, spazi artistici, biblioteche, e altre attività alternative.
Ridurre drasticamente il monte ore annuale con frequenza obbligatoria, fissare l’inizio delle lezioni a partire dall’orario mattutino ottimale indicato per l’avvio delle attività, incrementare gli anni e le materie: introdurre educazione fisica tutti i giorni all’aria aperta e nel verde, educazione civica con lo studio della Costituzione e dei trattati europei, educazione relazionale, educazione sanitaria, educazione ambientale, educazione digitale e tecnologica, educazione finanziaria, cultura e lingua locale (programmi a cura delle maggiori istituzioni culturali locali e delle Pro Loco del territorio).
Potenziare orientamento, a partire dal 2° anno delle scuole medie, in collaborazione con gli enti dei successivi gradi di istruzione e formazione e con le imprese, presentando tutte le opzioni possibili sul territorio nazionale e tenere conto delle effettive condizioni psicofisiche e attitudinali emerse durante il percorso di ciascun allievo/a, lavorando al superamento dei condizionamenti culturali che scoraggiano l’approdo femminile alle materie tecnico-scientifiche.
Inoltre cospicue risorse vanno investite per università e ricerca scientifica e tecnologica e anche qui si rende necessaria una profonda riforma modernizzatrice improntata a criteri di efficienza e meritocrazia.
Soprattutto dare all’intero percorso formativo un orientamento valoriale bel definito, imperniato sui principi della Costituzione Italiana e dei trattati fondamentali europei.
Ripristinare e potenziare il servizio sanitario statale, ospedaliero e territoriale. Tagliare ogni forma di convenzione con privati solo formalmente senza scopo di lucro, che offrano remunerazioni sproporzionate rispetto alle strutture pubbliche. Scoraggiare la trasformazione dei rapporti dipendenti in rapporti di lavoro autonomo. Potenziare la ricerca e l’assistenza rispetto alle malattie invalidanti o potenzialmente tali, a partire da quelle più difficili da diagnosticare.
Potenziare la prevenzione, soprattutto migliorando la salubrità degli ambienti di vita e di lavoro, abbattendo varie forme di inquinamento, da quello ambientale, atmosferico, acustico e di ogni altro tipo.
Introdurre un approccio non punitivo nei riguardi dei pazienti consumatori di cannabis terapeutica e dei medici che lo prescrivono, di cui occorre incrementare il numero e la preparazione, oltre a potenziare la produzione, anziché vietarla.
Ripristinare e potenziare trasporto pubblico, reti idriche, fognarie in piena efficienza.
Procedere a un riassetto urbanistico per correggere le diseguaglianze, non solo nell’abitare, ma anche nel verde, nei servizi e nei luoghi di aggregazione e socialità, al contrasto a spopolamento, squilibri urbanistici e territoriali.
Profittando dell’impatto dei cambiamenti climatici, favorire una crescita ordinata del turismo e spalmarlo opportunamente su tutto il territorio nazionale, redistribuendo i flussi e sostenendo l’offerta culturale delle aree interne, l’interscambio tra turismo termale e balneare con quello culturale nei territori che presentano siti di interesse. Dare al turismo il senso della consapevolezza culturale e del benessere profondo esistenziale e non consumistico, tutelando città d’arte e luoghi di interesse dallo sfruttamento dannoso e dall’”overtourism”.
Sappiamo bene che tali soluzioni non sono semplici da adottare, ma rifiutiamo la pretesa delle attuali classi dirigenti di dare a situazioni enormemente complesse e a sfide ardue, come quelle che ci troviamo davanti, risposte minimali, estremamente limitate e di corto respiro, come quelle finora adottate.
Chiediamo di ridare centralità al Parlamento, anche perché il lavoro politico necessario a realizzare le riforme che servono al Paese richiede una maggioranza parlamentare a sostegno molto ampia, qualificata non solo nei numeri ma anche nel profilo, nello spessore, nelle competenze e nella capacità di lavoro a ritmo sostenuto, insieme a un governo di eccellenze, e serve un forte coordinamento, un lavoro di squadra in cui ciascun esponente della maggioranza faccia la propria parte in armonia con gli altri.
Tornando al cuore del nostro intervento, ribadiamo che il Reddito di base non ha nulla a che vedere con l’assistenzialismo, ma deve costituire un meccanismo di distribuzione e di autoregolazione dell’economia mondiale, oltre che nazionale e comunitaria.
Uno studio citato dalla rivista Forbes, “pubblicato da Cell Reports Sustainability e firmato da un team internazionale ha condotto un’analisi globale di 186 paesi per esaminare il potenziale impatto del reddito di base come duplice soluzione per la sostenibilità e la resilienza sociale. […] L’istituzione di un reddito di base per l’intera popolazione mondiale potrebbe aumentare il prodotto interno lordo (PIL) del 130%”.
Richiamiamo con forza la cospicua documentazione inerente il RBI, disponibile sul sito del Basic Income Earth Network (in lingua italiana sul sito dell’associazione Basic Income Network Italia), innanzitutto per poter smentire seccamente ogni pregiudizio su questa misura, guardando ai risultati incoraggianti provenienti da decine di sperimentazioni attuate o in corso in tutto il mondo.
In merito alla necessità di integrare RBI e servizi essenziali segnaliamo l’interessante filone economico del Commonfare o welfare del benessere comune.
Siamo consapevoli che occorrerà del tempo per la messa a punto di dispositivi di legge che attuino queste riforme e fiduciosi che tale tempo sarà sufficiente a riportare definitivamente sotto controllo la fiammata inflattiva degli ultimi tempi. Se così non sarà, a maggior ragione si renderà urgente un intervento assai più robusto di quelli attuali per soccorrere le fasce più deboli della popolazione. In ogni caso richiamiamo i risultati degli studi sulla sperimentazione in Kenia di trasferimenti diretti di denaro alla popolazione, che attestano l’inesistenza di effetti inflattivi del RBI.
Riteniamo che l’introduzione del RBI (come anche l’attuazione della riforma fiscale) possa avvenire in più tappe, a partire dai senza dimora, per prestare a costoro un soccorso immediato, restituendo diritti fondamentali e opportunità di reinclusione. Si dovrebbe proseguire con i giovani dai 12 ai 24 anni appartenenti a famiglie svantaggiate, per combattere sollecitamente la dispersione scolastica, garantire a ciascuno pari opportunità formative e di accesso a istruzione e cultura e dare concreta attuazione al principio stabilito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea per cui “Il lavoro minorile è vietato. L’età minima per l’ammissione al lavoro non può essere inferiore all’età in cui termina la scuola dell’obbligo, fatte salve le norme più favorevoli ai giovani ed eccettuate deroghe limitate. I giovani ammessi al lavoro devono beneficiare di condizioni di lavoro appropriate alla loro età ed essere protetti contro lo sfruttamento economico o contro ogni lavoro che possa minarne la sicurezza, la salute, lo sviluppo fisico, mentale, morale o sociale o che possa mettere a rischio la loro istruzione”. Successivamente si dovrebbe estendere l’accredito alle donne in difficoltà, per sostenere le più vulnerabili e soggette a violenza di ogni tipo (fisica, psicologica o economica) e attuare il diritto alla genitorialità, per poi essere esteso gradualmente, di anno in anno, a fasce di popolazione sempre più ampie, fino a includere, come minimo, tutto il ceto medio, tutti coloro che negli ultimi trent’anni hanno perso potere d’acquisto.
Facciamo nuovamente appello al Governo e a tutte le forze politiche presenti nel Parlamento italiano affinché già dalla prossima legge di bilancio sia stanziata una somma sufficiente a erogare un RBI di €1.000 al mese per un anno a tutti i senza fissa dimora. L’ISTAT ne ha contati poco meno di centomila nel 2021, considerando quelli iscritti nelle anagrafi comunali per l’assistenza. Abbiamo calcolato che basterebbe uno stanziamento di un miliardo e mezzo, su una spesa pubblica complessiva da 1.000 miliardi. Aggiungiamo un invito in particolare a considerare anche un piano riservato ai senza fissa dimora di Roma, in vista del prossimo Giubileo. Sarebbe un bel gesto assai più significativo di tanti discorsi. Dalla California fino a Londra sono molte le sperimentazioni di trasferimenti diretti e incondizionati di denaro ai senza dimora attuate con successo nel mondo.
Per una fase successiva si dovrebbero destinare €500 al mese a tutti i ragazzi dai 12 ai 24 anni di famiglie svantaggiate, per un costo complessivo annuo che potrebbe aggirarsi sui 10 miliardi. Una cifra considerevole ma non impossibile da trovare, che potrebbe fare la differenza per tantissimi tra scuola e lavoro precoce e sottopagato, tra lavoro in patria o emigrazione, o, peggio, la triste condizione di NEET.
In una fase ancora successiva si passerebbe alle donne in maggiore difficoltà con modalità simili, a discrezione del legislatore e su indicazione degli esperti dell’INPS, unico ente erogatore e chiamato a individuare i soggetti da raggiungere con priorità, considerando che il costo dei nuovi accrediti va sommato a quello degli anni precedenti (per i senza tetto €500 dal secondo anno in poi) e, se necessario, circoscrivendo in prima battuta l’erogazione alle regioni meridionali, dove la disoccupazione femminile è più elevata.
Con questo metodo si potrebbe proseguire, di anno in anno, fino a coprire tutta la platea di 5,6 milioni in povertà assoluta e 9 milioni in povertà relativa.
In seguito, per i ceti medi prima e i più benestanti poi potrebbe tradursi in uno sgravio fiscale, corrispondente agli accrediti percepiti mensilmente dalla maggior parte della popolazione residente nell’arco di un anno, e in uno strumento di semplificazione tributaria per mezzo delle trattenute. Sarebbe per la prima volta un taglio del cuneo fiscale ragguardevole per i ceti più deboli e meno vantaggioso per quelli più benestanti.
Inoltre potrebbe essere spostata sull’accredito del RBI anche l’opzione di stralciare l’otto per mille da devolvere agli enti religiosi, il cinque per mille delle associazioni e il due per mille destinato alle forze politiche, in modo da dare a tutti la possibilità concreta di sostenere le aggregazioni di appartenenza e partecipare attivamente alla vita pubblica e alle opere di solidarietà sociale o valenza culturale, ottenendo anche il risultato di rafforzarle.
Rivolgiamo un ulteriore appello al governo affinché riunisca intorno a un tavolo i magnati dell’industria italiana più facoltosi, per responsabilizzarli rispetto alle tante emergenze che vive il paese, a cui essi, in molti casi, non sono affatto indifferenti, e sensibilizzarli all’eventualità di un contributo di solidarietà da concordare con le istituzioni politiche.
Segnaliamo anche (ulteriori) rischi per la libertà di informazione (fondamentale pilastro della democrazia), a seguito del diffondersi nelle redazioni dell’uso di sempre più sofisticati dispositivi di Intelligenza Artificiale. Un RBI consentirebbe ai giornalisti di autodeterminarsi come professionisti in piena libertà, scienza e coscienza, svincolandoli dalla precarietà e dagli interessi degli editori.
Analoga considerazione si può estendere (mutatis mutandis) a molti ordini professionali e categorie lavorative.
In definitiva, il RBI non rappresenta la libertà dal lavoro, ma, al contrario, la libertà dai condizionamenti perversi di un mercato del lavoro contrario agli interessi della collettività e del bene comune.
Infine riteniamo che il RBI sia l’unico istituto capace di sostituire, nel lungo periodo, in maniera graduale e oculatamente programmata, il sistema pensionistico contributivo, per il quale non si vedono riforme bastanti a renderlo sostenibile, a causa delle dinamiche demografiche ed economiche sviluppatesi negli ultimi decenni, ormai irreversibili, e che di fatto scoraggia l’offerta di lavoro e la divisione dei carichi in un maggior numero di dipendenti con orari e periodi di lavoro ridotti.
Prendendo spunto da una novità positiva emersa negli ultimi mesi, l’emendamento (respinto) alla passata legge di bilancio, proposto da AVS e votato da M5S e alcuni parlamentari PD, che proponeva un reddito di base integrativo fino a €1.500, finanziato con patrimoniale secondo la proposta Tax the rich, un monopolio statale sulla produzione di cannabis e tagli ai sussidi fossili, si potrebbe ipotizzare di integrare il sistema pensionistico contributivo, assegnando ai più sfortunati, a partire da 65 anni, un assegno supplementare o sostitutivo che consenta di percepire €1.500 anche a chi non avesse avuto la possibilità di versare contributi sufficienti.
In definitiva, immaginiamo la trasformazione dell’INPS in ente di erogazione del reddito di base e riassetto sistema pensionistico e assistenziale, anche in vista della tutela di persone fragili e caregiver, in considerazione dell’aspettativa di vita; l’ente di previdenza potrebbe stabilire uno stabile scambio di informazioni tra Agenzia Entrate, procure della Repubblica, Banca d’Italia, Poste Italiane, Cassa depositi e prestiti e altre istituzioni preposte alla gestione finanziaria dei risparmi e dei servizi ai cittadini.
Elenchiamo in estrema sintesi, per maggior chiarezza, alcune delle funzioni a cui il RBI deve assolvere:
● Sussidio di uscita dalla povertà e reinclusione;
● Sussidio di pari opportunità e accesso all’istruzione e formazione;
● Sussidio di disoccupazione cumulabile con lavoro precario, saltuario, stagionale o con orario ridotto;
● Sussidio cumulabile a reddito da lavoro ridotto o impossibile e a piccola proprietà insufficiente al sostentamento in caso di invalidità o età non appetibile per il mercato del lavoro;
● Sussidio maternità e paternità;
● Sussidio antiviolenza per le donne;
● Sussidio di inclusione per i soggetti privi di agibilità economica individuale (persone adulte prive di conto corrente e finanche di carta ricaricabile con IBAN);
● Sussidio remunerativo di varie attività utili o necessarie alla società non riconducibili al mercato del lavoro;
● Sussidio di sostegno e facilitazione della transizione ecologica e tecnologica e di compensazione per i danni da fattori inquinanti e/o climalteranti;
● Sussidio per la cura e la prevenzione della salute psicofisica, ferma restando la necessità di ristabilire in pienezza il Sistema Sanitario Nazionale come originariamente concepito;
● Sussidio alla libera iniziativa privata, alla sussidiarietà e all’innovazione;
● Sussidio di tutela alla libertà di informazione e di espressione;
● Sussidio di incentivo alle forme di impresa solidaristiche;
● Sussidio di accesso alla cultura, alla piena cittadinanza e alla libera circolazione;
● Sussidio di disincentivo all’emigrazione;
● Meccanismo distributivo e correttivo delle diseguaglianze di genere, territoriali, economiche, per restituire potere d’acquisto ai ceti medi e più deboli, appartenenti alla metà della popolazione impoveritasi negli ultimi tre decenni;
● Istituto sostitutivo, nel lungo periodo, del sistema pensionistico contributivo.
Inoltre, se “La libertà è partecipazione” bisogna prendere atto che la partecipazione democratica dei cittadini sembra progressivamente venir meno, soprattutto in Italia, ma non solo, come evidenziano i tassi di astensionismo alle tornate elettorali politiche e amministrative degli ultimi tempi.
A tal proposito, riteniamo fondamentali, oltre alle riforme suindicate, che potrebbero sanare milioni di situazioni di disagio, emarginazione e degrado e riavvicinare molti esclusi alla vita pubblica, quegli istituti che consentono ai cittadini di esprimersi in maniera più immediata e dar modo alle classi dirigenti e alle forze politiche di cogliere le indicazioni provenienti dall’elettorato, per poterlo meglio rappresentare.
Abbiamo accolto con gioia l’avvio della piattaforma digitale nazionale per le iniziative popolari, tenuta a battesimo dalla grande mobilitazione per il referendum contro l’autonomia differenziata, che ha raccolto in poche settimane più di 500 mila firme.
Chiediamo, pertanto, che vengano potenziati e garantiti gli strumenti già previsti di democrazia diretta nelle normative nazionale e comunitaria.
Sulle Iniziative dei Cittadini Europei, in particolare, è necessario agire su tre livelli: introduzione di una piattaforma digitale europea con autenticazione una tantum che avverta ogni firmatario delle nuove ICE; creazione di organi di stampa a diffusione europea (a partire da collaborazioni già esistenti tra testate veterane con ampia diffusione) capaci di spiegarne il senso e l’utilità; formazione di reti di associazioni, sindacati e cittadini capaci di sensibilizzare a partecipare.
Per creare una piattaforma digitale europea per le ICE è necessaria una riforma dei trattati che consenta alle istituzioni UE di gestire i dati sensibili dei cittadini europei. Attualmente l’identità anagrafica di ciascuno di noi è rigorosamente nazionale e la Commissione europea non può gestire le banche dati dei paesi membri. Quindi, per rafforzare la partecipazione democratica, serve una carta d’identità europea.
Conclusione
Quello che chiediamo, in sintesi, è che la politica e l’economia siano conseguenti rispetto al progresso tecnologico, alle opportunità che offre e alle sfide che pone, che i principi espressi dalla Costituzione della Repubblica Italiana, dai trattati europei e dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo trovino concreta attuazione e non rimangano lettera morta.
Chiediamo che tutti noi cittadini e le forze politiche andiamo incontro alle prossime sfide con un percorso fortemente progressista, per intraprendere davvero la strada di un nuovo umanesimo, che rimetta al centro la persona.
Auspichiamo infine, che l’Italia e l’Europa facciano da apripista a un RBI davvero universale, riconosciuto come diritto umano e inalienabile alla sussistenza, capace di eradicare, nel tempo, la povertà in ogni paese del mondo, affinché a nessuno sia dato, nei decenni a venire, di sperimentare la privazione dei diritti fondamentali alla piena libertà e cittadinanza e a una vita serena e dignitosa.
Bibliografia essenziale in lingua italiana sul Reddito di base incondizionato
P. Van Parijs, Y. Vanderborght, Il reddito minimo universale, Bocconi, Milano 2013;
P. Van Parijs, Y. Vanderborght, Il reddito di base. Una proposta radicale, Il Mulino, Bologna 2017;
R. Bregman, Utopia per realisti. Come costruire davvero il mondo ideale, Feltrinelli, Milano 2017;
A. Fumagalli, S. Gobetti, C. Morini, R. Serino, Reddito di base. Liberare il XXI secolo, Momo, Roma 2021;
G. Allegri, G. Bronzini, A. Fumagalli, S. Gobetti, R. Serino, Dialoghi sul reddito di base con un’intelligenza artificiale, QR n° 12 – Quaderni per il Reddito, Febbraio 2023 (https://www.bin-italia.org/wp-content/uploads/2023/02/QR-12_-Dialoghi-sul-reddito-di-base-con-unintelligenza-artificiale_def.pdf );
A. Fumagalli, C. Morini, G. Bronzini, M. Bascetta, A. Caillé, C. Offe, D. Purdy, P. Van Parijs, La democrazia del reddito universale, Manifestolibri, 2023.
Sulle povertà e diseguaglianze, per una lettura rapida ed esaustiva, si consigliano:
G. Gallo (Curatore) L. Bonacini (Curatore), Il glossario delle disuguaglianze sociali. Vol. 1: Le tante facce della povertà, Il Mulino, 2023;
G. Gallo (Curatore) L. Bonacini (Curatore), Il glossario delle disuguaglianze sociali. Vol. 2: Perché siamo diversamente disuguali, Il Mulino, 2023;
C. Saraceno, D. Benassi, E. Morlicchio, La povertà in Italia. Soggetti, meccanismi, politiche, Il Mulino, 2022.
Sulla necessità di un profondo cambiamento
R. Maggiolo, Dare senso al futuro: 52 voci per orientarsi nella complessità, StreetLib, Roma 2024
AA. VV., Piano B. Uno spartito per rigenerare l’Italia, Donzelli, 2024.

Manifesto RED 2023
“Non v’è nulla di più difficile da realizzare, né di più incerto esito, che iniziare un nuovo ordine di cose. Perché il riformatore ha nemici tra tutti quelli che traggono profitto dal vecchio ordine, e solo tiepidi difensori in tutti quelli che dovrebbero trarre profitto dal nuovo”. Niccolò Machiavelli
Noi sottoscritti, sostenitori del Reddito di Base Incondizionato (RBI)
chiediamo
alle istituzioni della Repubblica Italiana e dell’Unione Europea l’introduzione di riforme, che diano vita a un nuovo sistema socio-economico, fondato su:
RETRIBUZIONE MINIMA
UNIONE FISCALE EUROPEA A CARATTERE PROGRESSIVO, CON PRELIEVO MAGGIORATO SU RENDITE, CONSUMI E ATTIVITÀ SVANTAGGIOSE PER LA COLLETTIVITÀ
ORARI E PERIODI DI LAVORO DRASTICAMENTE RIDOTTI
REDDITO DI BASE INCONDIZIONATO
- per rimettere al centro della politica la persona, in armonia con la natura;
- per dare attuazione concreta alla Costituzione italiana, ai trattati e ai principi ispiratori dell’Unione Europea e alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo;
- per consolidare la coesione sociale e la tenuta democratica delle istituzioni nazionali;
- per mitigare l’emorragia emigratoria e il tracollo demografico che mettono a rischio il futuro del nostro paese;
- per ridurre l’impatto delle diseguaglianze;
- per restituire potere d’acquisto ai ceti medi e più deboli, penalizzati, negli ultimi decenni, dai meccanismi naturali di accumulo di ricchezza a detrimento della metà della popolazione meno forte, tipici del sistema capitalistico neoliberista;
- per restituire piena libertà e capacità di autodeterminazione, serenità economica e opportunità attualmente conculcate a larghi strati della popolazione italiana ed europea, come evidenziano tutte le statistiche e gli studi in merito disponibili, con decine di milioni di persone in povertà assoluta e relativa o a rischio povertà, divari territoriali sempre più stridenti, situazioni ancora diffuse di degrado, abbandono scolastico, pervasività criminale, voto di scambio e clientelare, con intere generazioni che nascono e crescono in contesti di deprivazione di diritti essenziali e non saranno, perciò, disposte ad assolvere ai doveri civici e sociali di onestà, solidarietà e operosità;
- per restituire a ciascuno l’accesso al tempo libero vissuto in pienezza, alla vita di relazione, spirituale e associativa, alla libera circolazione, all’ambiente naturale e ai paesaggi, ai beni culturali, all’arte, al godimento e all’espressione della bellezza e dell’armonia del cosmo e delle altezze e profondità dell’umano genio.
A fronte della situazione
•di povertà assoluta che riguarda 5,6 milioni di italiani (1,2 milioni minori), di cui 2 milioni e 613mila in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale,
•di povertà relativa che riguarda 8,6 milioni,
•della difficoltà per tantissimi di accedere finanche all’elementare diritto a una casa,
•dei dati relativi alle percentuali di occupazione in Italia, attestate a non oltre il 61% (61,7% ultimo record) dalla fine degli anni ’70 (ISTAT),
•del numero di lavoratori poveri, che si aggirerebbe intorno ai 3 milioni,
riguardo alla Costituzione della Repubblica Italiana, chiediamo in particolare il rispetto:
Dei principi della democrazia e sovranità popolare (art.1), vanificati e inficiati dalle insopportabili diseguaglianze di mezzi e di opportunità e dal mancato accesso al lavoro, su cui la Repubblica stessa è fondata, per una parte cospicua della popolazione attiva;
Dei “diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e [richiede] l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art. 2);
Della “pari dignità sociale e [uguaglianza] davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”(art. 3);
Dell’impegno della Repubblica a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3);
Del diritto-dovere “di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” (art. 4);
Del diritto riconosciuto “ai non abbienti, con appositi istituti, [de]i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione” (art. 24);
Dell’impegno della Repubblica ad agevolare “con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose” e proteggere “la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”. (art. 31);
Dell’impegno della Repubblica a tutelare “la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e [garantire] cure gratuite agli indigenti” (art. 32);
Del diritto dei “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi”, a “raggiungere i gradi più alti degli studi”, andando oltre misure come “borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”, che si sono rivelate del tutto insufficienti e inadeguate allo scopo (art. 34).
Ricordiamo che:
“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi” (art. 36);
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. […]
“Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. […]
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato” (art. 38).
“L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali” (art. 41).
“La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità” (art. 42).
“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività” (art. 53).
Chiediamo si prenda atto che, a 75 anni dalla promulgazione della Costituzione, le misure mirate, messe finora in campo, non sono state sufficienti a dare concreta attuazione ai principi ispiratori su cui è fondata la Repubblica Italiana nata dalla Resistenza, con grave danno per milioni di persone che vivono situazioni di estremo disagio e sofferenza, ma anche per il Paese nel suo complesso, che vive una profonda crisi e guarda con grande incertezza al proprio futuro.
Inoltre, in considerazione delle ultime rilevazioni Eurostat che segnalano, nel 2022, nell’UE, circa 95,3 milioni di persone a rischio di povertà o esclusione sociale, pari al 21,6% della popolazione totale, di cui 28,7 milioni in grave deprivazione materiale e sociale, e riguardo ai principi sanciti dai trattati europei, ricordiamo come le istituzioni europee nel loro complesso e nella loro lunga storia ed evoluzione, dal dopoguerra ad oggi, abbiano, di trattato in trattato, di provvedimento in provvedimento, affinato la sensibilità e la concezione dei diritti umani, a partire dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950, alla Carta sociale europea del 1996 (redatta nel 1961, riveduta nel 1996, entrata in vigore nel 1999), alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000, entrata in vigore nel 2009 e giuridicamente vincolante per tutti gli stati membri, fino ai nostri giorni, in cui sperimentiamo, come per la Costituzione italiana, da un lato l’ambizione e il desiderio di toccare vette sempre più alte di civiltà e qualità della vita, dall’altro i fallimenti delle misure poste in essere per attuare questi principi, che sono nel DNA dell’Europa.
La pretesa di risolvere il problema della povertà col lavoro si è infranta contro la dura realtà degli ultimi trent’anni e appare del tutto illusorio credere che il numero degli occupati possa salire ora, alle soglie di una nuova recessione e nel contesto di un uso sempre più massiccio di dispositivi elettronici, robotici e di intelligenza artificiale in ogni ambito.
La retorica del lavoro e della dignità, finora, non ha garantito né lavoro, né dignità. Chiediamo si passi dalla retorica alla concretezza di questi diritti fondamentali e di tutti gli altri.
Chiediamo si chiarisca che la dignità di ogni essere umano viene dalla capacità di vivere in armonia con gli altri e con la natura, dal rispetto del prossimo e delle regole della convivenza in società e dalla capacità di mettere a frutto i talenti di cui è dotato, rendendosi utile agli altri ogni giorno, a prescindere dalla remunerazione offerta da un mercato del lavoro disfunzionale, distopico e iniquo, come quello attuale.
Chiediamo di andare oltre gli orizzonti del reddito minimo garantito, con l’introduzione del RBI, che consentirebbe l’attuazione concreta di quei principi ispiratori della Costituzione italiana e dei trattati europei nel modo più semplice, consentendo di approdare a un nuovo sistema socio-economico che tenga conto degli epocali mutamenti in atto.
Chiediamo si chiuda per sempre con la falsa propaganda del RBI che scoraggerebbe il lavoro: è vero il contrario. Le sperimentazioni attuate nel mondo dicono chiaramente che il RBI non scoraggia affatto il lavoro e nella stessa Italia, lo ha affermato l’ISTAT, si è avuto, al contrario, un balzo del tasso di occupazione, dal 59% del 2019 al 60%, che non si vedeva dal 1977, nel 2022, e addirittura al 61% del 2023, in precisa corrispondenza con l’attuazione del tanto disprezzato RdC. Come potrebbe scoraggiare il lavoro un accredito di una somma cumulabile col reddito da lavoro?
Chiediamo si chiuda per sempre l’era
•dei sussidi di disoccupazione o di povertà che non raggiungono tutti gli aventi diritto (e bisogno), che rappresentano alternative povere al lavoro povero e quindi delle autentiche trappole della miseria,
•delle borse di studio per meritevoli in perenne ritardo e da restituire alla prima defaillance,
•degli assegni di invalidità e accompagnamento, ridotti ai minimi termini e lesinati con ogni mezzo dallo Stato agli aventi diritto,
•dei bonus a pioggia accaparrati dagli “specialisti della domanda”,
•delle misure a sostegno delle famiglie gravemente insufficienti.
Chiediamo, insomma, la fine di tutte le misure mirate e la loro sostituzione con un’unica misura di contrasto alle diseguaglianze e riequilibrio nella distribuzione della ricchezza e delle opportunità.
Chiediamo si giunga alla consapevolezza che solo il RBI può contribuire in maniera efficace all’adempimento concreto dei principi di uguaglianza, solidarietà, del diritto al pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione democratica dei cittadini.
Definiamo il RBI che chiediamo: un’erogazione mensile di una somma in moneta a corso legale (euro) da parte della comunità politica, individuale, vita natural durante, a tutti i residenti sul territorio nazionale/comunitario in maniera incondizionata, senza alcuna contropartita e senza controllo delle risorse. Tale erogazione deve essere sostenibile e finanziata dalla fiscalità generale, senza comportare debito pubblico, né conseguenze economiche svantaggiose per la collettività (inflazione). Pertanto andrà inizialmente destinata a una platea più circoscritta a partire dai più disagiati, con un piano pluriennale che estenda la platea dei destinatari con criteri di progressività, secondo le coperture finanziarie disponibili, fino al ceto medio e in ultimo ai ceti abbienti. Tale misura è da considerarsi meramente redistributiva, non assistenziale, dunque non deve avere nulla a che vedere con le politiche di inclusione al lavoro.
Siamo certi che solo con un RBI si tradurrebbe in realtà il diritto al lavoro per tutti, come svolgimento, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, di un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società e solo con esso sarebbe davvero garantita a tutti la libertà di iniziativa e impresa.
Solo con un RBI si riuscirebbe a superare la grave deprivazione che impedisce uno sviluppo armonico, sano e ordinato di interi territori per intere generazioni, sottraendo, di fatto, a molti l’accesso a una formazione sufficiente a rendere l’individuo capace di essere cittadino in piena consapevolezza e padronanza dei diritti e doveri e di lavorare, nell’ambito di un’economia estremamente avanzata, come quella attuale.
Solo con un RBI sarebbe possibile prevenire e combattere piaghe come la delinquenza indotta o favorita dalla necessità e fenomeni devastanti come l’usura.
Il RBI avrebbe un’ampia molteplicità di effetti benefici nella vita delle persone, delle famiglie, della società e dell’economia, spingerebbe la domanda aggregata, con essa la crescita e il gettito fiscale, consentendo di ridurre considerevolmente il debito pubblico e la maggiore offerta di servizi ai cittadini, creando nuovo lavoro meglio remunerato.
Siamo convinti che solo per mezzo del RBI, unito al rafforzamento della sanità pubblica, del sistema formativo scolastico e accademico e degli altri istituti previsti per i servizi ai cittadini, ottimizzando e razionalizzando la spesa pubblica, eliminando ogni sorta di sprechi e dispersioni, sarebbe possibile dare attuazione ai principi espressi negli articoli sopra elencati e la giusta remunerazione ai tanti lavori grandemente utili alla società ma non retribuiti, dalla cura dei familiari minori, anziani, invalidi, al volontariato sociale, culturale o di altro tipo, alla libera ricerca nel campo scientifico o umanistico e ad ogni attività o funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Affermiamo a tal proposito che il lavoro cui fa riferimento la Costituzione non è necessariamente quello retribuito, dunque legato al mercato del lavoro, tantomeno quello attuale, lo ripetiamo, disfunzionale, distopico e iniquo, ben diverso dal mercato del lavoro della seconda metà del secolo scorso. Ricordiamo che all’epoca della stesura della Costituzione italiana la donna casalinga, impegnata nella cura della dimora e della famiglia del lavoratore, era considerata a tutti gli effetti lavoratrice con piena dignità e riconoscimento sociale.
Alle istituzioni europee che richiedono il rientro dal debito pubblico in tempi brevi e a tappe forzate diciamo schiettamente che riconosciamo in pieno la necessità e l’urgenza di farlo, ma che potremmo agevolmente ridurlo nei tempi richiesti tassando la grande ricchezza e con una lotta senza quartiere all’economia sommersa.
Non è facile farlo per l’esistenza di regimi fiscali “di favore” nella stessa Europa oltre che nel resto del mondo. Dunque senza l’unificazione dei regimi fiscali europei e una lotta senza quartiere contro i paradisi fiscali che l’Ue potrebbe e saprebbe fare, a nostro avviso, non si va lontano.
In Italia non è rimasto granché da tagliare alla spesa pubblica. I danni arrecati dall’indebolimento della sanità e della scuola sono sotto gli occhi di tutti, mentre permane un’economia sommersa di dimensioni gigantesche. Chiediamo alle istituzioni nazionali e comunitarie un maggiore e più incisivo impegno nel recupero di masse monetarie e di beni accumulati in maniera incontrollata da parte di pochi soggetti a detrimento della comunità civile, a partire da quelli di origine illecita, con particolare riferimento alle immense fortune delle organizzazioni criminali di stampo mafioso.
Riteniamo ineludibile e non più procrastinabile un intervento incisivo contro gli egoismi personali, familiari, societari e aziendali, che vanno a detrimento della comunità civile e del bene comune e contro gli intrecci perversi tra economia legale e capitali di origine criminale, siano essi frutto di attività illecite o di mera evasione o elusione fiscale.
Gli strumenti moderni di intelligenza artificiale e recenti dispositivi di accertamento e incrocio tra banche dati del sistema creditizio e dell’Agenzia delle Entrate rappresentano un significativo passo avanti nella direzione giusta. Se tali strumenti saranno potenziati da soglie per l’uso del contante sempre più basse e altri provvedimenti tesi ad aggredire l’economia sommersa e a ridurre ai minimi termini i margini di azione dei soggetti che hanno finora fatto impresa in nero, dato lavoro in nero e smaltito scorie in nero, inquinando il territorio, la riduzione drastica di tali danni arrecherà benefici immensi per il paese.
Questi promettenti progressi tecnologici e scientifici, che vanno dell’automazione all’intelligenza artificiale, porteranno anche e soprattutto a ulteriori riduzioni del carico di lavoro per gli esseri umani, rivelando come fondata e realizzabile la “profezia” dell’economista John Maynard Keynes che prevedeva nel 2030 un orario settimanale di lavoro di 15 ore. Riteniamo altresì che i proventi di tali prodigiosi mezzi debbano essere redistribuiti attraverso gli strumenti indicati, per restituire opportunità di vita e realizzazione a tutti, evitando che molti restino indietro o esclusi come avviene ancor oggi.
Ciò consentirà anche di spezzare il circolo vizioso che porta a consumi compulsivi per compensare la fatica e i sacrifici imposti da ritmi di lavoro che non hanno più giustificazione nella necessità di produrre ricchezza, visto che la ricchezza è prodotta anche in eccesso grazie ai progressi tecnologici. La necessità semmai è opposta: ridurre il lavoro e i consumi materiali per renderli sostenibili ambientalmente, sia dal punto di vista dell’inquinamento, sia dal punto di vista del riscaldamento globale, che vanno entrambi drasticamente ridotti e non a spese dei comuni cittadini, ma piuttosto a partire da quelle classi privilegiate e più benestanti che ne sono maggiormente responsabili.
I danni alla vita, alla salute e alla fertilità umana arrecati da tali disastri si ripercuotono su tutta la popolazione, a partire dai più poveri. L’OMS stima che circa 1,4 milioni di persone nella Regione europea muoiano ogni anno a causa di fattori di rischio ambientali e che quasi la metà di queste morti evitabili può essere attribuita al solo inquinamento atmosferico. Dunque sarebbe giusto e urgente iniziare a indennizzare le fasce più deboli colpite da un lato da calamità naturali sempre più frequenti e distruttive e dall’altro dall’aumento di infertilità, malformazioni e svariate malattie e sindromi patologiche talora misconosciute che, a causa della mancanza di mezzi e di adeguate informazioni, restano non di rado non solo non curate, ma neppure diagnosticate.
In merito a quest’ultimo punto sottolineiamo la necessità assoluta e impellente di accelerare gli adeguamenti ai criteri di sostenibilità ambientale di ogni tipo di dinamica individuale, familiare, collettiva e imprenditoriale, facendo in modo che i costi della transizione ecologica non ricadano sui più deboli.
Per raggiungere tutti questi obiettivi PROPONIAMO:
Retribuzione minima legale, espressamente stabilita in Italia e in ogni paese membro Ue, sia per i lavoratori dipendenti che per quelli autonomi, con particolare riguardo per le attività usuranti;
Adozione di orari e periodi di lavoro ridotti, con l’obiettivo di fissarli, nell’immediato, in linea di massima, a 24 ore settimanali (con l’obiettivo di scendere ulteriormente a 15 non appena ve ne saranno le condizioni), per 10 mesi, con varie turnazioni per lavoratori e professionisti, in modo da garantire a tutti l’offerta di beni e servizi in ogni periodo, l’accesso a un impiego, ferie sufficienti al riposo, allo svago, agli interessi sportivi o culturali, e distribuite a scelta in diversi periodi dell’anno;
Unificazione dei regimi fiscali dei 27 paesi membri Ue, sulla base di una riforma complessiva, ordinata, organica e rigorosamente impostata su criteri di progressività, che vada a potenziare e riordinare, appunto, in senso progressivo il prelievo sul consumo, a detassare la produzione e a colpire la rendita e i patrimoni plurimiliardari e plurimilionari, oltre a introdurre, previ eventuali accordi necessari in sede OCSE, o integrare tassazioni mirate su attività e prodotti da scoraggiare (carbon tax, plastic tax, sugar tax, IVA maggiorata su prodotti e alimenti dannosi per la salute, l’ambiente e il clima), da compensare (robot tax, Tobin tax da mantenere e anzi potenziare), o da remunerare (digital tax) e spingendo ulteriormente l’uso di pagamenti tracciati e sistemi informatici di incrocio dati per contrastare evasione ed elusione e rendere più semplice ed efficiente il sistema tributario nel suo complesso;
Reddito di Base Incondizionato, un accredito mensile, vita natural durante, individuale, a partire dai 12 anni, fissato ogni anno in base alla soglia di povertà, erogato dallo Stato in ciascuno dei paesi membri Ue, senza che ne venga fatta domanda, cumulabile con il reddito da lavoro e con la rendita di piccola entità, da cui siano esclusi solo i colpevoli di reati gravissimi (appartenenti alle organizzazioni criminali), individuati dalla magistratura e dalle forze dell’ordine, e i detenuti.
Aggiungiamo che il RBI non andrebbe finanziato mediante le imposte sui redditi, che devono rimanere la fonte di finanziamento della sanità pubblica, dell’istruzione, dell’assistenza sociale, della giustizia, dell’ordine pubblico, dei trasporti, dell’amministrazione e di tutti i servizi ai cittadini che uno stato efficiente deve garantire in pienezza.
Sappiamo bene che tali soluzioni non sono semplici da adottare, ma rifiutiamo la pretesa delle attuali classi dirigenti di dare a situazioni enormemente complesse e a sfide ardue, come quelle che ci troviamo davanti, risposte minimali, estremamente limitate e di corto respiro, come quelle finora adottate.
Richiamiamo con forza la cospicua documentazione inerente il RBI, disponibile sul sito del Basic Income Earth Network https://basicincome.org/ (in lingua italiana sul sito dell’associazione Basic Income Network Italia, https://www.bin-italia.org/), innanzitutto per poter smentire seccamente ogni pregiudizio su questa misura, guardando ai risultati incoraggianti provenienti da decine di sperimentazioni attuate o in corso in tutto il mondo.
Siamo consapevoli che occorrerà del tempo per la messa a punto di dispositivi di legge che attuino queste riforme e fiduciosi che tale tempo sarà sufficiente a riportare sotto controllo l’attuale fiammata inflattiva. Se così non sarà, a maggior ragione si renderà urgente un intervento assai più robusto di quelli attuali per soccorrere le fasce più deboli della popolazione.
Riteniamo che l’introduzione del RBI (come anche l’attuazione della riforma fiscale) possa avvenire in più tappe, a partire dai senza dimora, per prestare a costoro un soccorso immediato, restituendo diritti fondamentali e opportunità di reinclusione.Si dovrebbe proseguire con i giovani dai 12 ai 24 anni appartenenti a famiglie svantaggiate, per combattere sollecitamente la dispersione scolastica, garantire a ciascuno pari opportunità formative e di accesso a istruzione e cultura e dare concreta attuazione al principio stabilito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea per cui “Il lavoro minorile è vietato. L’età minima per l’ammissione al lavoro non può essere inferiore all’età in cui termina la scuola dell’obbligo, fatte salve le norme più favorevoli ai giovani ed eccettuate deroghe limitate. I giovani ammessi al lavoro devono beneficiare di condizioni di lavoro appropriate alla loro età ed essere protetti contro lo sfruttamento economico o contro ogni lavoro che possa minarne la sicurezza, la salute, lo sviluppo fisico, mentale, morale o sociale o che possa mettere a rischio la loro istruzione“. Successivamente si dovrebbe estendere l’accredito alle donne in difficoltà, per sostenere le più vulnerabili e soggette a violenza di ogni tipo (fisica, psicologica o economica) e attuare il diritto alla genitorialità, per poi essere esteso gradualmente, di anno in anno, a fasce di popolazione sempre più ampie, fino a includere, come minimo, tutto il ceto medio, tutti coloro che negli ultimi trent’anni hanno perso potere d’acquisto.
Facciamo appello al Governo e a tutte le forze politiche presenti nel Parlamento italiano affinché già dalla prossima legge di bilancio sia stanziata una somma sufficiente a erogare un RBI di €1.000 al mese per un anno a tutti i senza fissa dimora. L’ISTAT ne ha contati poco meno di centomila nel 2021, considerando quelli iscritti nelle anagrafi comunali per l’assistenza. Ma non vi sono dubbi che tale cifra sia aumentata, nonostante questa infelice categoria sia soggetta a un tasso di mortalità ben superiore alla media. Abbiamo calcolato che basterebbe uno stanziamento di un miliardo e mezzo, su una spesa pubblica complessiva da 1.000 miliardi. Il gettito della nuova tassa del 15% applicata alle grandi società con introiti superiori a 750 milioni di euro all’anno potrebbe essere più che sufficiente.
Per una fase successiva si dovrebbero destinare €500 al mese a tutti i ragazzi dai 12 ai 24 anni di famiglie svantaggiate, per un costo complessivo annuo che abbiamo calcolato aggirarsi sui 10 miliardi. Una cifra considerevole ma non impossibile da trovare, che potrebbe fare la differenza per tantissimi tra scuola e lavoro precoce e sottopagato, tra lavoro in patria o emigrazione, o, peggio, la triste condizione di NEET.
In una fase ancora successiva si passerebbe alle donne in maggiore difficoltà con modalità simili, a discrezione del legislatore e su indicazione degli esperti dell’INPS, unico ente erogatore e chiamato a individuare i soggetti da raggiungere con priorità, considerando che il costo dei nuovi accrediti va sommato a quello degli anni precedenti (per i senza tetto €500 dal secondo anno in poi) e, se necessario, circoscrivendo in prima battuta l’erogazione alle regioni meridionali, dove la disoccupazione femminile è più elevata.
Con questo metodo si potrebbe proseguire, di anno in anno, fino a coprire tutta la platea di 5,6 milioni in povertà assoluta e 9 milioni in povertà relativa.
In seguito, per i ceti medi prima e i più benestanti poi potrebbe tradursi in uno sgravio fiscale, corrispondente agli accrediti percepiti mensilmente dalla maggior parte della popolazione residente nell’arco di un anno, e in uno strumento di semplificazione tributaria per mezzo delle trattenute.
Inoltre potrebbe essere spostata sull’accredito del RBI anche l’opzione di stralciare l’otto per mille da devolvere agli enti religiosi, il cinque per mille delle associazioni e il due per mille destinato alle forze politiche, in modo da dare a tutti la possibilità concreta di sostenere le aggregazioni di appartenenza e partecipare attivamente alla vita pubblica e alle opere di solidarietà sociale o valenza culturale, ottenendo anche il risultato di rafforzarle.
Segnaliamo anche (ulteriori) rischi per la libertà di informazione (fondamentale pilastro della democrazia), a seguito del diffondersi nelle redazioni dell’uso di sempre più sofisticati dispositivi di Intelligenza Artificiale. Un RBI consentirebbe ai giornalisti di autodeterminarsi come professionisti in piena libertà, scienza e coscienza, svincolandoli dalla precarietà e dagli interessi degli editori.
Analoga considerazione si può estendere (mutatis mutandis) a molti ordini professionali e categorie lavorative.
In definitiva, il RBI non rappresenta la libertà dal lavoro, ma, al contrario, la libertà dai condizionamenti perversi di un mercato del lavoro contrario agli interessi della collettività e del bene comune.
Infine riteniamo che il RBI sia l’unico istituto capace di sostituire, nel lungo periodo, in maniera graduale e oculatamente programmata, il sistema pensionistico contributivo, per il quale non si vedono riforme bastanti a renderlo sostenibile, a causa delle dinamiche demografiche ed economiche sviluppatesi negli ultimi decenni, ormai irreversibili, e che di fatto scoraggia l’offerta di lavoro e la divisione dei carichi in un maggior numero di dipendenti con orari e periodi di lavoro ridotti.
Elenchiamo in estrema sintesi, per maggior chiarezza, alcune delle funzioni a cui il RBI deve assolvere:
- Sussidio di uscita dalla povertà e reinclusione;
- Sussidio di pari opportunità e accesso all’istruzione e formazione;
- Sussidio di disoccupazione cumulabile con lavoro precario, saltuario, stagionale o con orario ridotto;
- Sussidio cumulabile a reddito da lavoro ridotto o impossibile e a piccola proprietà insufficiente al sostentamento in caso di invalidità o età non appetibile per il mercato del lavoro;
- Sussidio maternità e paternità;
- Sussidio antiviolenza per le donne;
- Sussidio di inclusione per i soggetti privi di agibilità economica individuale (persone adulte prive di conto corrente e finanche di carta ricaricabile con IBAN);
- Sussidio remunerativo di varie attività utili o necessarie alla società non riconducibili al mercato del lavoro;
- Sussidio di sostegno e facilitazione della transizione ecologica e tecnologica e di compensazione per i danni da fattori inquinanti e/o climalteranti;
- Sussidio per la cura e la prevenzione della salute psicofisica, ferma restando la necessità di ristabilire in pienezza il Sistema Sanitario Nazionale come originariamente concepito;
- Sussidio alla libera iniziativa privata e all’innovazione;
- Sussidio di tutela alla libertà di informazione e di espressione;
- Sussidio di incentivo alle forme di impresa solidaristiche;
- Sussidio di accesso alla cultura, alla piena cittadinanza e alla libera circolazione;
- Sussidio di disincentivo all’emigrazione;
- Meccanismo redistributivo e correttivo delle diseguaglianze di genere, territoriali, economiche, per restituire potere d’acquisto ai ceti medi e più deboli, appartenenti alla metà della popolazione impoveritasi negli ultimi tre decenni;
- Istituto sostitutivo, nel lungo periodo, del sistema pensionistico contributivo.
Inoltre, se “La libertà è partecipazione” bisogna prendere atto che la partecipazione democratica dei cittadini sembra progressivamente venir meno, soprattutto in Italia, ma non solo, come evidenziano i tassi di astensionismo alle tornate elettorali politiche e amministrative degli ultimi tempi.
A tal proposito, riteniamo fondamentali, oltre alle riforme suindicate, che potrebbero sanare milioni di situazioni di disagio, emarginazione e degrado e riavvicinare molti esclusi alla vita pubblica, quegli istituti che consentono ai cittadini di esprimersi in maniera più immediata e dar modo alle classi dirigenti e alle forze politiche di cogliere le indicazioni provenienti dall’elettorato, per poterlo meglio rappresentare.
Chiediamo, pertanto, che vengano potenziati e garantiti gli strumenti già previsti di democrazia diretta nelle normative nazionale e comunitaria.
A tale scopo chiediamo una piattaforma digitale sicura e certificata, di facile accessibilità e gratuita per tutti, con registrazione e identificazione una tantum, che possa gestire tutti gli istituti di democrazia diretta nazionali e comunitari, dalle leggi di iniziativa popolare, ai referendum, alle iniziative cittadine europee, in modo da semplificare e facilitare l’apporto e la partecipazione libera dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, e in particolar modo garantire, già dalle prossime elezioni europee, il voto digitale a studenti e lavoratori fuori sede a tutte le consultazioni elettorali.
Chiediamo, in sintesi, che la politica e l’economia siano conseguenti rispetto al progresso tecnologico, alle opportunità che offre e alle sfide che pone, che i principi espressi dalla Costituzione della Repubblica Italiana, dai trattati europei e dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo trovino concreta attuazione e non rimangano lettera morta.
Chiediamo che tutti noi cittadini e le forze politiche andiamo incontro alle prossime elezioni europee col pensiero al governo e al percorso europeo, piuttosto che ai risvolti sugli scenari politici nazionali, per intraprendere davvero la strada di un nuovo umanesimo, che rimetta al centro la persona.
Auspichiamo infine, che l’Italia e l’Europa facciano da apripista a un RBI davvero universale, riconosciuto come diritto umano e inalienabile alla sussistenza, capace di eradicare, nel tempo, la povertà in ogni paese del mondo, affinché a nessuno sia dato, nei decenni a venire, di sperimentare la privazione dei diritti fondamentali alla piena libertà e cittadinanza e a una vita serena e dignitosa.
Mariella Vitale – Nola (NA)
Michele Gianella – Brugherio (MB)
Claudio Corrà – Vimodrone
Alessandra Rossati – Torino
Giuseppe Lippolis – Palagiano (TA)
Enrico Da Vià – Torino
Sergio Mainenti – Roma
Antonino Martorana – Ficarazzi (PA)
Blanca Herz – Torino
Vincenzo Cinque – Napoli
Piero Bertero – Alba
Pierdomenico Di Benedetto – Polla (SA)
Roberto Lazzari – Roma
Mario Ruggiero – Nocera Inferiore (SA)
Mariano Alberto Zaccone – Barcellona Pozzo di Gotto (Me)
Mirko di Mattia – Serino (AV)
Gaetano Ballotta – Carlentini (SR)
Giuliana Soda – Melfi (PZ)
Roberto Grimaldi – Sermide e Felonica (MN)
Cinzia Lai – Viterbo
Michela Polazzi – Livorno
Matteo Lizzadro – Parma
Fabio Rizzati – Grugliasco (TO)
Fabrizio Comignani – Montesilvano (PE)
Antonio Giugno – Caltanissetta
Raffaella Soluri – Castel Sant’Elia (VT)
Sami Stefano Curci – Torino
Federico Checchi – Livorno
Cleopatra Bonaccorsi – Catania
Moreno Renzetti – Roma
Antonietta Pintus – Roma
Armando Sabatino – Palermo
Francesco De Pisapia – Fiano Romano (RM)
Luciano Cangiano – Melito di Napoli (NA)
Pietro Nastasi – Messina
Paolo Cataldi – Santa Ninfa (TP)
Nico Michele Germinale – Monte Sant’Angelo (FG)
Diego Ottone – Altavilla Monferrato (AL)
Anna Pujia – Aprilia (LT)
Giacomo Camponeschi – Roma
Domenico Di Lorenzo – Senise (PZ)
Alessandro Saviano – Palermo
Francesco Gionfalo – Mesagne (BR)
Renata Parodi
Fabio Pietrosanti – Palermo
Salvatore Filistad – Catania
Nicola Perra – Castelfiorentino (FI)
Angela Ciuffoletti
Simon Revelli – Molinella ( BO)
Luigi Sepe – Napoli
Angelo Cianciulli – Nocera Inferiore (SA)
Rosa Pittera – Catania
Cinzia Mora – Genova
Gianfranco Belletti – Genova
Andrea Curato – Aversa (CE)
Luisa Villano – Torino
Ussama Naouaoui – Reggio Calabria
Emanuele Di Filippo – Teramo
Francesco Impala’ – Torregrotta (ME)
Giuseppe Corsaro – Reggio Emilia
Francesco Cartia – Siracusa
Vincenzo Acciaro – Gela (CL)
Irene Petito – Sant’Antimo (NA)
Gennaro Urciuolo – Grumo Nevano (NA)
Michele Pieretti – Fossombrone (PU)
Antonio Mele – Napoli
Katiuscja Conforto – Calcinato (BS)
Pellegrino Graziani – Padova
Vincenzo Marengo – Grosseto
Salvatore Inglese
Mario Sgroi – Belpasso (CT)
Irina Cioroi – Vibo Valentia
Antonio Guida – Napoli
Anna Tafone – Napoli
Romana Manca – Salò (BS)
Enzo locascio – Sciacca (AG)
Mario Zuccarello – Santi Cosma e Damiano (LT)
Concetta Fecarotta – Palermo
Matteo Lettini – Trani
Cosimo Lamacchia – Conversano (BA)
Micaela Tebaldi – Cattolica (RN)
Vittoriano Lamattina – Fuscaldo (CS)
Cira Perrella – Portici (Na)
Elena Peris – Sassari
Belinda Dorio – Lavagna (GE)
TOSANWUMI OBALOYE – Parma Medesano (PR)
Annalisa Evoli – Vibo Valentia
Alex Battisti – Pesaro
Paride Bollettino – Padova
Bibliografia essenziale in lingua italiana sul Reddito di base incondizionato
P. Van Parijs, Y. Vanderborght, Il reddito minimo universale, Bocconi, Milano 2013;
P. Van Parijs, Y. Vanderborght, Il reddito di base. Una proposta radicale, Il Mulino, Bologna 2017;
R. Bregman, Utopia per realisti. Come costruire davvero il mondo ideale, Feltrinelli, Milano 2017;
A. Fumagalli, S. Gobetti, C. Morini, R. Serino, Reddito di base. Liberare il XXI secolo, Momo, Roma 2021;
G. Allegri, G. Bronzini, A. Fumagalli, S. Gobetti, R. Serino, Dialoghi sul reddito di base con un’intelligenza artificiale, QR n° 12 – Quaderni per il Reddito, Febbraio 2023 (https://www.bin-italia.org/wp-content/uploads/2023/02/QR-12_-Dialoghi-sul-reddito-di-base-con-unintelligenza-artificiale_def.pdf ).