Manifesto RED parte quinta: il reddito di base è assai meglio di sussidi e bonus

Chiediamo si chiuda per sempre l’era 

• dei sussidi di disoccupazione o di povertà che non raggiungono tutti gli aventi diritto (e bisogno), che rappresentano alternative povere al lavoro povero e quindi delle autentiche trappole della miseria

• delle borse di studio per meritevoli in perenne ritardo e da restituire alla prima defaillance, 

• degli assegni di invalidità e accompagnamento, ridotti ai minimi termini e lesinati con ogni mezzo dallo Stato agli aventi diritto, 

• dei bonus a pioggia accaparrati dagli “specialisti della domanda”, 

• delle misure a sostegno delle famiglie gravemente insufficienti. 

Chiediamo, insomma, la fine di tutte le misure mirate e la loro sostituzione con un’unica misura di contrasto alle diseguaglianze e riequilibrio nella distribuzione della ricchezza e delle opportunità.

Chiediamo si giunga alla consapevolezza che solo il RBI può contribuire in maniera efficace all’adempimento concreto dei principi di uguaglianza, solidarietà, del diritto al pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione democratica dei cittadini

Definiamo il RBI che chiediamo: un’erogazione mensile di una somma in moneta a corso legale (euro) da parte della comunità politica, individuale, vita natural durante, a tutti i residenti sul territorio nazionale/comunitario in maniera incondizionata, e senza controllo delle risorse.

Tale erogazione deve essere sostenibile e finanziata dalla fiscalità generale, senza comportare debito pubblico, né conseguenze economiche svantaggiose per la collettività (inflazione). Pertanto andrà inizialmente destinata a una platea più circoscritta a partire dai più disagiati, con un piano pluriennale che estenda la platea dei destinatari con criteri di progressività, secondo le coperture finanziarie disponibili, fino al ceto medio e in ultimo ai ceti abbienti.

Tale misura è da considerarsi meramente redistributiva, non assistenziale, dunque non deve avere nulla a che vedere con le politiche di inclusione al lavoro. 

Siamo certi che solo con un RBI si tradurrebbe in realtà il diritto al lavoro per tutti, come svolgimento, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, di un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società e solo con esso sarebbe davvero garantita a tutti la libertà di iniziativa e impresa

Solo con un RBI si riuscirebbe a superare la grave deprivazione che impedisce uno sviluppo armonico, sano e ordinato di interi territori per intere generazioni, sottraendo, di fatto, a molti l’accesso a una formazione sufficiente a rendere l’individuo capace di essere cittadino in piena consapevolezza e padronanza dei diritti e doveri e di lavorare, nell’ambito di un’economia estremamente avanzata, come quella attuale.

Solo con un RBI sarebbe possibile prevenire e combattere piaghe come la delinquenza indotta o favorita dalla necessità e fenomeni devastanti come l’usura.

Il RBI avrebbe un’ampia molteplicità di effetti benefici nella vita delle persone, delle famiglie, della società e dell’economia, spingerebbe la domanda aggregata, con essa la crescita e il gettito fiscale, consentendo di ridurre considerevolmente il debito pubblico e la maggiore offerta di servizi ai cittadini, creando nuovo lavoro meglio remunerato.

Siamo convinti che solo per mezzo del RBI, unito al rafforzamento della sanità pubblica, del sistema formativo scolastico e accademico e degli altri istituti previsti per i servizi ai cittadini, ottimizzando e razionalizzando la spesa pubblica, eliminando ogni sorta di sprechi e dispersioni, sarebbe possibile dare attuazione ai principi espressi negli articoli sopra elencati e la giusta remunerazione ai tanti lavori grandemente utili alla società ma non retribuiti, dalla cura dei familiari minori, anziani, invalidi, al volontariato sociale, culturale o di altro tipo, alla libera ricerca nel campo scientifico o umanistico e ad ogni attività o funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Affermiamo a tal proposito che il lavoro cui fa riferimento la Costituzione non è necessariamente quello retribuito, dunque legato al mercato del lavoro, tantomeno quello attuale, lo ripetiamo, disfunzionale, distopico e iniquo, ben diverso dal mercato del lavoro della seconda metà del secolo scorso. Ricordiamo che all’epoca della stesura della Costituzione italiana la donna casalinga, impegnata nella cura della dimora e della famiglia del lavoratore, era considerata a tutti gli effetti lavoratrice con piena dignità e riconoscimento sociale“.

Bologna 24 settembre 2023 – Serve il Reddito di base

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