Reddito di base in Italia: partiamo da Napoli

Parlare di Reddito di base in Italia, dove i salari sono diminuiti anziché aumentare, dove il tasso di occupazione è tra i più bassi in Europa e in area OCSE, e i tassi di povertà, abbandono scolastico ed emigrazione sono tra i più pesanti, è quanto mai opportuno e tempestivo.

Farlo a Napoli, dove decine di migliaia di persone sono rimaste prive di un sussidio per la disoccupazione di lungo periodo e ogni giorno vanno a ingrossare il numero già alto di senzatetto è ancor più urgente.

Ma che cos’è di preciso il reddito di base? Consiste nell’accredito diretto, individuale, incondizionato e periodico, in denaro, di una somma stabilita dal legislatore, che si avvicini il più possibile alla soglia della povertà, a tutti i residenti dello stato o del territorio (non necessariamente tutti insieme, anche a partire dai più bisognosi a salire, in più tappe).

La previsione del Fondo Monetario Internazionale che l’intelligenza artificiale avrà un forte impatto sul 60% dei lavori e quella di Oxfam di ricchezze sempre maggiori nelle mani di plurimiliardari aiutano a intravedere in che direzione stiamo andando. Il rapporto Oxfam, in particolare, afferma in modo deciso che il potere politico asseconda questa tendenza all’aumento delle diseguaglianze che va a cristallizzare disparità di vita e opportunità anziché contrastarle.

Nel presentare l’ultimo rapporto la Svimez ha dichiarato testualmente:

L’incremento dell’occupazione non è in grado di alleviare il disagio sociale in un contesto di diffusa precarietà e bassi salari.

Nonostante la crescita dell’occupazione, nel 2022 la povertà assoluta è aumentata in tutto il Paese. La povertà ha raggiunto livelli inediti. Nel 2022, sono 2,5 milioni le persone che vivono in famiglie in povertà assoluta al Sud: +250.000 in più rispetto al 2020 (–170.000 al Centro-Nord).

La crescita della povertà tra gli occupati conferma che il lavoro, se precario e mal retribuito, non garantisce la fuoriuscita dal disagio sociale.

Il Reddito di base consentirebbe di rispondere efficacemente alle sfide poste dalle nuove tecnologie e di iniziare a porre rimedio all’estrema ingiustizia, restituendo opportunità, rimuovendo ostacoli allo sviluppo di personalità e talenti, consentendo percorsi di vita e formativi in linea con i diritti essenziali sanciti dalla Costituzione della Repubblica Italiana, dai trattati europei e dalla Dichiarazione universale dei redditi umani. Favorirebbe senz’altro anche l’aumento delle remunerazioni. Inoltre sarebbe un rimedio al progressivo indebolimento dei ceti medi.

Nel caso di Napoli, in particolare, dove le diseguaglianze sono stridenti, abbondano disoccupazione, lavoro povero, lavoro nero, situazioni di degrado, abbandono scolastico, pervasività criminale, voto di scambio e clientelare, con intere generazioni che nascono e crescono in contesti di deprivazione di diritti essenziali, dove la prima forma di sussidio di lunga disoccupazione (RdC) ha scatenato un’odiosa campagna denigratoria, fondata essenzialmente sulla non conoscenza della storia complessa e tormentata della città e del suo territorio, il Reddito di base andrebbe a risanare molte piaghe lasciate incancrenire per decenni.  

Soprattutto, una volta istituito su tutto il territorio nazionale e introdotto eventualmente per gradi, iniziando dai più bisognosi a salire, essendo comunque nel tempo diretto a tutti e integralmente sommabile al reddito da lavoro, a differenza del RdC, non andrebbe a scatenare un’altra guerra civile tra poveri e impoveriti, né potrebbe dar luogo a truffe e abusi di sorta.

Inoltre, rappresenterebbe un fattore di riequilibrio reddituale e territoriale, oltre che demografico, capace di frenare l’emigrazione, lo spopolamento dei piccoli centri, il calo delle nascite e consentirebbe regimi di vita più sereni.

Scoraggerebbe il lavoro? Le sperimentazioni attuate nel mondo dicono chiaramente di no.

Creerebbe inflazione? Anche questo timore è smentito dalle esperienze poste in essere, ad esempio in Kenya.

È insostenibile da un punto di vista finanziario? Neppure questa è un’obiezione fondata. Sarebbe sufficiente introdurlo in maniera graduale, con un piano pluriennale, individuando le risorse senza aumento di spesa pubblica complessiva. Nel nostro Manifesto abbiamo delineato un insieme di proposte per il finanziamento.

Negli emendamenti all’ultima finanziaria ne è comparso uno che proponeva un Reddito Universale di Base da 800 euro al mese, esente da Irpef, “da corrispondersi integralmente o parzialmente a integrazione del reddito individuale entro la soglia reddituale individuale mensile di euro 1500”, per un totale di 38 miliardi, da finanziare in parte con un’imposta progressiva sui grandi patrimoni sopra i 5,4 milioni di euro, come quella ipotizzata da Oxfam e in parte attraverso l’introduzione di un monopolio dello Stato sulla cannabis, oltre al taglio del 50% dei sussidi alle attività inquinanti (articolo del Fatto Quotidiano). Dunque i legislatori ci stanno pensando…

È immorale dare soldi in cambio di nulla? A noi sembra immorale e inaccettabile, piuttosto, veder degenerare situazioni di disagio, di negazione dei diritti fondamentali, impoverimento dei lavoratori e dei ceti medi senza far nulla.

Sabato 20 gennaio 2024, dalle ore 16,30, presso la Libreria Raffaello, via Kerbaker 35 a Napoli, ci sarà la presentazione del libro: “Reddito di base. Liberare il XXI secolo”  (a cura di Andrea Fumagalli, Sandro Gobetti, Cristina Morini, Rachele Serino – Momo Edizioni 2021).

Intervengono due degli autori: Rachele Serino e Sandro Gobetti, presidente dell’associazione BIN Italia.

La presentazione del libro è organizzata dalle associazioni RED Reddito Europa Diritti  e DIEM25 Italia.

Read Previous

Prospettive per il terzo millennio

Read Next

Presa Diretta sul reddito di base

Most Popular