Manifesto RED parte ottava: le nostre proposte nel dettaglio

PROPONIAMO:

Retribuzione minima legale, espressamente stabilita in Italia e in ogni paese membro Ue, sia per i lavoratori dipendenti che per quelli autonomi, con particolare riguardo per le attività usuranti;

Adozione di orari e periodi di lavoro ridotti, con l’obiettivo di fissarli, nell’immediato, in linea di massima, a 24 ore settimanali (con l’obiettivo di scendere ulteriormente a 15 non appena ve ne saranno le condizioni), per 10 mesi, con varie turnazioni per lavoratori e professionisti, in modo da garantire a tutti l’offerta di beni e servizi in ogni periodo, l’accesso a un impiego, ferie sufficienti al riposo, allo svago, agli interessi sportivi o culturali, e distribuite a scelta in diversi periodi dell’anno;

Unificazione dei regimi fiscali dei 27 paesi membri Ue, sulla base di una riforma complessiva, ordinata, organica e rigorosamente impostata su criteri di progressività, che vada a potenziare e riordinare, appunto, in senso progressivo il prelievo sul consumo, a detassare la produzione (soprattutto se sostenibile ed equa) e a colpire la rendita e i patrimoni plurimiliardari e plurimilionari, oltre a introdurre, previ eventuali accordi necessari in sede OCSE, o integrare tassazioni mirate su attività e prodotti da scoraggiare (carbon tax, plastic tax, sugar tax, IVA maggiorata su prodotti e alimenti dannosi per la salute, l’ambiente e il clima), da compensare (robot tax, Tobin tax da mantenere e anzi potenziare), o da remunerare (digital tax) e spingendo ulteriormente l’uso di pagamenti tracciati e sistemi informatici di incrocio dati per contrastare evasione ed elusione e rendere più semplice ed efficiente il sistema tributario nel suo complesso

Reddito di Base Incondizionato, un accredito mensile, vita natural durante, individuale, a partire dai 12 anni, fissato ogni anno in base alla soglia di povertà, erogato dallo Stato in ciascuno dei paesi membri Ue, senza che ne venga fatta domanda, cumulabile con il reddito da lavoro e con la rendita di piccola entità, da cui siano esclusi solo i colpevoli di reati gravissimi (appartenenti alle organizzazioni criminali), individuati dalla magistratura e dalle forze dell’ordine, e i detenuti.

Aggiungiamo che il RBI non andrebbe finanziato mediante le imposte sui redditi, che devono rimanere la fonte di finanziamento della sanità pubblica, dell’istruzione, dell’assistenza sociale, della giustizia, dell’ordine pubblico, dei trasporti, dell’amministrazione e di tutti i servizi ai cittadini che uno stato efficiente deve garantire in pienezza.

Sappiamo bene che tali soluzioni non sono semplici da adottare, ma rifiutiamo la pretesa delle attuali classi dirigenti di dare a situazioni enormemente complesse e a sfide ardue, come quelle che ci troviamo davanti, risposte minimali, estremamente limitate e di corto respiro, come quelle finora adottate.

Richiamiamo con forza la cospicua documentazione inerente il RBI, disponibile sul sito del Basic Income Earth Network https://basicincome.org/  (in lingua italiana sul sito dell’associazione Basic Income Network Italia, https://www.bin-italia.org/), innanzitutto per poter smentire seccamente ogni pregiudizio su questa misura, guardando ai risultati incoraggianti provenienti da decine di sperimentazioni attuate o in corso in tutto il mondo.

Siamo consapevoli che occorrerà del tempo per la messa a punto di dispositivi di legge che attuino queste riforme e fiduciosi che tale tempo sarà sufficiente a riportare sotto controllo l’attuale fiammata inflattiva. Se così non sarà, a maggior ragione si renderà urgente un intervento assai più robusto di quelli attuali per soccorrere le fasce più deboli della popolazione. 

Riteniamo che l’introduzione del RBI (come anche l’attuazione della riforma fiscale) possa avvenire in più tappe, a partire dai senza dimora, per prestare a costoro un soccorso immediato, restituendo diritti fondamentali e opportunità di reinclusione.

Si dovrebbe proseguire con i giovani dai 12 ai 24 anni appartenenti a famiglie svantaggiate, per combattere sollecitamente la dispersione scolastica, garantire a ciascuno pari opportunità formative e di accesso a istruzione e cultura e dare concreta attuazione al principio stabilito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea per cui “Il lavoro minorile è vietato. L’età minima per l’ammissione al lavoro non può essere inferiore all’età in cui termina la scuola dell’obbligo, fatte salve le norme più favorevoli ai giovani ed eccettuate deroghe limitate. I giovani ammessi al lavoro devono beneficiare di condizioni di lavoro appropriate alla loro età ed essere protetti contro lo sfruttamento economico o contro ogni lavoro che possa minarne la sicurezza, la salute, lo sviluppo fisico, mentale, morale o sociale o che possa mettere a rischio la loro istruzione”.

Successivamente si dovrebbe estendere l’accredito alle donne in difficoltà, per sostenere le più vulnerabili e soggette a violenza di ogni tipo (fisica, psicologica o economica) e attuare il diritto alla genitorialità, per poi essere esteso gradualmente, di anno in anno, a fasce di popolazione sempre più ampie, fino a includere, come minimo, tutto il ceto medio, tutti coloro che negli ultimi trent’anni hanno perso potere d’acquisto. 

Abbiamo calcolato che basterebbe uno stanziamento di un miliardo e mezzo, su una spesa pubblica complessiva da 1.000 miliardi, per assegnare un RBI di €1.000 al mese per un anno a tutti i senza fissa dimora. L’ISTAT ne ha contati poco meno di centomila nel 2021, considerando quelli iscritti nelle anagrafi comunali per l’assistenza. Il gettito della nuova tassa del 15% applicata alle grandi società con introiti superiori a 750 milioni di euro all’anno potrebbe essere più che sufficiente.

Per una fase successiva si dovrebbero destinare €500 al mese a tutti i ragazzi dai 12 ai 24 anni di famiglie svantaggiate, per un costo complessivo annuo che abbiamo calcolato aggirarsi sui 10 miliardi. Una cifra considerevole ma non impossibile da trovare, che potrebbe fare la differenza per tantissimi tra scuola e lavoro precoce e sottopagato, tra lavoro in patria o emigrazione, o, peggio, la triste condizione di NEET.

In una fase ancora successiva si passerebbe alle donne in maggiore difficoltà con modalità simili, a discrezione del legislatore e su indicazione degli esperti dell’INPS, unico ente erogatore e chiamato a individuare i soggetti da raggiungere con priorità, considerando che il costo dei nuovi accrediti va sommato a quello degli anni precedenti (per i senza tetto €500 dal secondo anno in poi) e, se necessario, circoscrivendo in prima battuta l’erogazione alle regioni meridionali, dove la disoccupazione femminile è più elevata.

Con questo metodo si potrebbe proseguire, di anno in anno, fino a coprire tutta la platea di 5,6 milioni in povertà assoluta e 9 milioni in povertà relativa. In seguito, per i ceti medi prima e i più benestanti poi potrebbe tradursi in uno sgravio fiscale, corrispondente agli accrediti percepiti mensilmente dalla maggior parte della popolazione residente nell’arco di un anno, e in uno strumento di semplificazione tributaria per mezzo delle trattenute.  

Inoltre potrebbe essere spostata sull’accredito del RBI anche l’opzione di stralciare l’otto per mille da devolvere agli enti religiosi, il cinque per mille delle associazioni e il due per mille destinato alle forze politiche, in modo da dare a tutti la possibilità concreta di sostenere le aggregazioni di appartenenza e partecipare attivamente alla vita pubblica e alle opere di solidarietà sociale o valenza culturale, ottenendo anche il risultato di rafforzarle》.

Bologna 24 settembre 2023 – Le proposte RED Reddito Europa Diritti

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